Libertà di router? Forse ci siamo

A Berlino c'è già aria di libertà dell'utente, in Italia arranca l'idea di considerare i router strumenti neutri rispetto ai fornitori di connessione.
Libertà di router? Forse ci siamo
A Berlino c'è già aria di libertà dell'utente, in Italia arranca l'idea di considerare i router strumenti neutri rispetto ai fornitori di connessione.

Potrebbe essere tempo di #modemlibero anche in Italia, però manca l’approvazione di una legge che dia poteri sanzionatori all’Agcom, ferma in Senato, per cambiare il contesto. Attualmente i provider obbligano i loro clienti a usare i loro router, quando questo specifico settore di dispositivi è invece a libero mercato: un piccolo caos dovuto alla definizione di questi strumenti e l’obbligo di fatto che siano esclusivamente forniti dal provider nel sistema a fibra ottica.

Sulla libertà d’uso di questi strumenti che collegano alla rete ai nostri computer e smartphone si discute da diverso tempo, senza una soluzione: da un lato consumatori e produttori che considerano neutrali i terminali di accesso rispetto a ciò a cui consentono di accedere; dall’altra parte i provider che invece per la fibra ottica considerano questi dispositivi fortemente collegati alla sicurezza e agli standard del loro servizio, nel quale vedono separati connessione web e VoIP; cosa che produce la fatica di chi, volendo usare ad esempio Fritz Box, dovrebbe “sniffare” i dati. Il problema è tutto lì. Con una normale adsl si possono cambiare i modem, ma con l’estensione sempre più grande della banda larga, di fatto si sta creando un vincolo commerciale di massa connessione-modem, quest’ultimo blindato dai provider per questioni, dicono, di sicurezza e di servizi aggiuntivi.

Peccato però che dal 2017 è in vigore un regolamento europeo sulla Internet aperta che obbliga gli operatori a consentire che gli utenti colleghino alla rete i modem che desiderano con le caratteristiche che preferiscono. È la prospettiva di Kira Terstappen-Richter, della AVM, che fa notare come la Germania si sia dotata di una legge a favore dei consumatori e che oggi ispira i legislatori degli altri stati membri, Italia compresa.
La sua testimonianza, dall’IFA, fa intendere la logica di questi produttori:

Oggi quel che l’utente chiede e ha diritto di avere è “choose the router, connect”. Semplice e veloce. Siamo per una plugged Internet connection, che superi vincoli che l’Europa ha già stabilito essere antiquati e illeciti. Qualcosa però dev’essere andata storto perché dal 2015 ad oggi molti operatori in molti stati membri non si sono ancora adeguati. La motivazione che adducono è la sicurezza da cyber attacchi, ma si è arrivati al regolamento dopo una lunga discussione dove questo scenario è stato considerato e sventato. È un tema tecnicamente complesso, ma l’argomento opposto a nostro parere è irrilevante.

Intanto, in Italia…

Il versante italiano di questo dibattito è stato alimentato in aula da Ivan Catalano, che ha presentato un emendamento al Testo di legge Europea dove ha chiesto una interpretazione forte del regolamento, proprio per obbligare i fornitori di rete ad adeguarsi e liberalizzare l’acquisto dei modem. Contestualmente dava all’autorità delle comunicazioni un potere sanzionatorio (in modo da evitare una procedura di infrazione), che consisteva in una cifra tra il 2% e il 5% del fatturato. Durante l’esame dell’inammissibilità è stato salvato solo l’impianto sanzionatorio, perché il regolamento europeo è stato considerato già chiaro, mentre il governo ha cambiato la sanzione dell’Agcom in una multa che va da 120 mila a un due milioni e mezzo di euro. Il deputato, componente dell’Intergruppo per l’Innovazione, non ama gli atteggiamenti radicali verso i provider, può anche andar bene che considerino i modem come dispositivi parte integrante della Rete, ma allora perché farli pagare all’utente?

Alla mia interpellanza in primavera il governo ha risposto che se l’obbligo di utilizzare un modem o un router specifico scaturisce da una effettiva esigenza tecnica, un modem o un router può essere considerato un “apparato della rete dell’operatore e non un terminale” secondo la definizione europea. Ma allora per quale ragione è l’utente a pagarlo, ogni mese in bolletta? Secondo la risposta del Ministero, non gli appartiene. Avrebbe più senso, dunque, che si stabilisse primariamente che l’utente ha libertà di scelta e che, secondariamente, se l’operatore ritiene sia indispensabile che il modem sia quello imposto da lui per ragioni tecniche, non addebiti questo costo all’utente.

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Come finirà? Al momento, la prospettiva è parecchio all’italiana: la legge europea che contiene il nuovo potere dell’Agcom è al Senato in attesa del voto, ma la legislatura è agli sgoccioli e il Senato ha un calendario particolarmente congestionato. L’Italia non ha bisogno di una nuova legge, ha bisogno proprio di questo emendamento, spiega Catalano, anche nel suo blog:

È molto importante che AgCom possa multare chi non rispetta il regolamento, dotandosi di linee guida a cui sta lavorando. Spetterà peraltro proprio all’authority indagare sulle condizioni che definiscano questi apparati e loro presunta necessarietà.

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