Non si placano le polemiche sui vecchi iPhone rallentati, a seguito dell’implementazione di un sistema che riduce le performance della CPU in caso la batteria non sia più in grado di fornire sufficiente energia. Nonostante le scuse del gruppo di Cupertino e l’avvio di un piano di sostituzione agevolato, con la possibilità di sostituire la batteria di alcuni smartphone per 29 euro, i consumatori continuano a volerci vedere chiaro. E, dopo le diverse class action depositate in tutto il mondo, anche la Cina chiede precise spiegazioni. Lo Shanghai Consumer Council, il consiglio per la tutela dei consumatori locali, avrebbe infatti scritto alla società californiana.
A rendere nota la notizia è l’agenzia di stampa Xinhua, pronta a confermare come lo Shanghai Consumer Council avrebbe richiesto informazioni dettagliate ad Apple, per comprendere la natura dei rallentamenti che potrebbero coinvolgere iPhone 6, iPhone 6S e iPhone SE. L’iniziativa sarebbe nata a seguito di 2.615 esposti da parte dei consumatori, una cifra in crescita rispetto ai 964 registrati dalla stessa autorità nel 2015.
Al momento, si tratterebbe semplicemente di un’indagine conoscitiva, poiché non sono state formalizzate responsabilità di tipo legale verso il gruppo di Cupertino. La società, nel frattempo, ha già pubblicamente spiegato come l’implementazione del sistema di gestione della CPU sia servito per garantire a tutti gli utenti un’esperienza d’uso fluida, evitando così spegnimenti improvvisi dovuti a batterie non più sufficientemente performanti. In ogni caso, Apple non ha ufficialmente commentato la notizia riportata dall’agenzia di stampa cinese.
Oltre alle già citate class action, il caso più acceso sembrerebbe essere quello aperto da pochi giorni in Francia: su segnalazione di un’associazione locale, le autorità starebbero indagando per comprendere se l’iniziativa di Apple possa rientrare all’interno del concetto dell’obsolescenza programmata, pratica dal 2015 vietata Oltralpe. La normativa prevede, per le aziende che dovessero alterare il normale ciclo di vita dei loro prodotti, multe fino al 5% di tutti i guadagni raccolti nel Paese.