Sul palco di Parigi, in occasione dell’annuncio ufficiale, Richard Yu è stato chiaro: il nuovo top di gamma si chiama Huawei P20 Pro e non “Plus” perché si tratta di uno smartphone che ridefinisce il concetto di fotografia mobile e intende offrire uno strumento indirizzato ai professionisti del settore. Abbiamo messo alla prova la caratteristica che più di altre definisce il valore aggiunto del prodotto: quel terzo sensore con teleobiettivo che manca al modello P20 e integrato per catturare ogni dettaglio anche dalle lunghe distanze.
Huawei P20 Pro: lo zoom
La componente permette di spingere lo zoom fino a un ingrandimento ottico 3x o ibrido 5x. Questo significa poter acquisire immagini dettagliate di ciò che si trova lontano senza dover intervenire dopo lo scatto con un ritaglio, mantenendo dunque la piena risoluzione del file generato. Una peculiarità di certo interessante, anche alla luce di quanto il device offre in termini di stabilizzazione, per annullare le vibrazioni della mano grazie all’impiego di complesso algoritmi di intelligenza artificiale. Insomma, un sistema che simula il comportamento delle ottiche presenti sulle fotocamere tradizionali.
https://www.facebook.com/Webnews.it/videos/10156239907513926/
Per capire come si comporta lo zoom di Huawei P20 Pro facciamo riferimento ad alcune immagini scattate. Partiamo da una gallery che mostra una prima foto acquisita senza attivare lo zoom, seguita da un’altra con ingrandimento ottico 3x e infine con ingrandimento ibrido 5x. Nell’ultima notiamo qualche artificio frutto dell’interpolazione digitale, ma tutto sommato il ridimensionamento per la visualizzazione a 620 pixel di larghezza su questa pagina restituisce un risultato soddisfacente.
Le cose cambiano però in modo radicale se il crop viene effettuato in modo da mantenere il dettaglio originale, ovvero ciò che avviene osservando al 100% dello zoom il file salvato dalla fotocamera (3648×2736 pixel). La definizione rimane buona senza ingrandimento, mentre già a 3x non possiamo certo parlare di uno scatto professionale.
Le cose sembrano migliorare quando l’oggetto o il soggetto inquadrato si trova a una notevole distanza.
Di seguito alleghiamo una galleria di immagini scattate con Huawei P20 Pro e caricate su Flickr senza alcun intervento in fase di post-produzione.
Fotografia e fotografia mobile
Lo slogan scelto dal gruppo per spingere il nuovo top di gamma è “Un nuovo rinascimento della fotografia”, ma avremmo trovato più coerente e calzante un riferimento esclusivo alla fotografia mobile. Abbiamo avuto modo di provare brevemente il dispositivo qualche settimana prima dell’annuncio, con un evento top secret organizzato a Londra. Alla luce di quanto detto nell’occasione da Huawei avevamo espresso apprezzamento per l’intenzione di impiegare tool e algoritmi al fine di supportare il ruolo dell’utente/fotografo, senza la pretesa di sostituirlo, con strumenti come la visualizzazione di consigli per il rispetto della regola dei terzi o per l’ottimizzazione dell’inquadratura.
Yu però è stato chiaro nell’accostare lo smartphone ai professionisti della fotografia e alla luce di quanto abbiamo potuto toccare con mano ci sembra un passo più lungo della gamba. Se è vero che disporre di uno zoom ottico su un telefono è senz’altro comodo, non offre la stessa libertà d’azione di un’ottica tradizionale nell’agire sulla lunghezza focale. Lo stesso vale per la qualità delle immagini che ne otteniamo.
Il punto è sempre lo stesso e lo sottolineiamo da tempo: le enormi potenzialità della fotografia mobile sono fuori discussione, ma ad oggi non le si può attribuire il compito di sostituire quella che prende vita mediante l’impiego di un dispositivo dedicato e con un’ottica di qualità. Il limite è intrinseco, nella natura stessa di uno smartphone: l’ingombro. Se è vero che la main camera di P20 Pro integra un sensore da 1/1.7″, più grande rispetto a quanto visto sui diretti competitor (1/2,55″ su Galaxy S9+, 1/2,9″ su iPhone X), stiamo in ogni caso parlando di una superficie di gran lunga inferiore rispetto a quella dei formati APS-C o full frame.
In sintesi, è bene continuare a fare distinzione tra fotografia e fotografia mobile, almeno per il momento. Il messaggio dev’esser chiaro, trasparente. Abbiamo a disposizione strumenti diversi per finalità diverse. Uno non è meglio dell’altro, semplicemente assolvono a compiti differenti. Non scattiamo un selfie da dare in pasto ai social con una full frame o una medio formato, così come non possiamo pretendere di ottenere una stampa di grandi dimensioni senza scendere a compromessi in termini di qualità se la acquisiamo con un telefono.