Da qualche giorno il popolare servizio di messaggistica non è più accessibile in Russia. Il governo ha infatti ottenuto il blocco per Telegram in seguito alla richiesta inevasa di consegnare le chiavi crittografiche che consentono di leggere le conversazioni. La software house ha tuttavia utilizzato alcuni stratagemmi per eludere il ban e il CEO Pavel Durov ha promesso di finanziare le aziende che offrono proxy e VPN.
Lo scontro tra il governo russo e Telegram è iniziato qualche giorno dopo l’attacco terroristico di San Pietroburgo del 3 aprile 2017. Durante le indagini, la FSB (ex KGB) ha scoperto che il servizio di messaggistica è stato usato per coordinare l’attentato. L’agenzia federale ha quindi chiesto le chiavi crittografiche per poter leggere i messaggi, ma la software house ha sempre opposto resistenza. La questione è quindi finita in tribunale e il giudice ha dato ragione sia alla FSB che a Roskomnadzor, l’ente che controlla le comunicazioni.
Gli indirizzi IP e i domini di Telegram sono stati inseriti nella blocklist governativa e resi inaccessibili dagli ISP. Il servizio è tuttavia raggiungibile tramite VPN e proxy, due delle soluzioni utilizzate per aggirare il ban. Il CEO Pavel Durov ha comunicato che le aziende e i singoli individui che permetteranno di accedere a Telegram tramite proxy sock5 e VPN riceveranno donazioni in Bitcoin. L’obiettivo è organizzare una Resistenza Digitale, un movimento che protegge la libertà di comunicazione e la privacy degli utenti.
Durov ha inoltre ringraziato pubblicamente Apple, Google, Microsoft e Amazon per non aver preso parte alla “censura politica”. Roskomnadzor ha infatti chiesto la rimozione dell’app Telegram dai loro store, ma al momento possono essere ancora scaricate. Il CEO conferma per l’ennesima volta che la privacy degli utenti verrà rispettata, quindi le chiavi crittografiche non verranno mai consegnate al governo russo.