La questione è delicata e tiene banco ormai da qualche anno tra gli addetti ai lavori: è giusto consentire a chiunque di creare e distribuire senza alcuna limitazione i progetti destinati alla riproduzione mediante stampanti 3D delle parti che compongono una pistola? Oppure alle autorità dev’essere attribuito il potere di impedire la pratica, al fine di tutelare la collettività?
I sostenitori dell’arma da fuoco fai-da-te registrano oggi una vittoria negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Giustizia ha infatti stabilito che l’attività non può essere ritenuta illegale: nel nome della libertà d’espressione non si può vietare la circolazione dei file. Esulta Cody Wilson, tra i principali esponenti del movimento e fondatore del sito DEFCAD, una piattaforma (al momento in standby) dove chiunque può caricare o scaricare i file da dare poi in pasto alle stampanti 3D per veder nascere davanti ai propri occhi un caricatore, l’impugnatura o il grilletto di una pistola. Il primo modello, condiviso nel 2013 proprio da Wilson, è l’ormai celebre Liberator, distribuito attraverso i circuiti P2P.
Allora il Dipartimento di Stato intervenne chiedendo (con scarso successo) l’eliminazione dei file. Ne seguì il ricorso in appello da parte di Wilson, con riferimento al primo emendamento che tutela la libertà d’espressione. Ecco come si è giunti alla decisione odierna, frutto di un accordo tra le parti: viene modificata la normativa vigente sull’esportazione delle armi da fuoco affinché i progetti 3D possano essere condivisi senza incorrere in sanzioni.
La diatriba legale potrebbe però non finire qui: parecchie associazioni e organizzazioni attive nel contrastare un’eccessiva distribuzione delle armi hanno già manifestato il loro disappunto e l’intenzione di opporsi. Anche l’opinione pubblica d’oltreoceano è spaccata, su un tema delicato soprattutto per un territorio in cui gli episodi di natura tragica legati a un utilizzo irresponsabile delle armi si verificano purtroppo con preoccupante periodicità.