Era il 24 luglio 2013 quando dal piccolo palco dell’evento Breakfast with Sundar Pichai il gruppo di Mountain View presentava Chromecast. Un dispositivo da connettere alla presa HDMI del televisore per portare sullo schermo del salotto i contenuti multimediali fino ad allora rimasti prerogativa di computer, smartphone e tablet. A cinque anni di distanza, possiamo affermare che è stata una piccola rivoluzione.
Non tanto per la linea di device in sé, che nel corso degli anni ha accolto modelli espressamente dedicati allo streaming audio o con il supporto all’Ultra HD, bensì per la tecnologia impiegata, oggi presente all’interno di TV, altoparlanti, set-top box, impianti hi-fi e altri prodotti dedicati alla fruizione della musica o dei video. L’ecosistema Cast è cresciuto in modo costante e progressivo, arrivando oggi a costituire un punto fermo nella strategia di Google per quanto concerne l’ambito domestico, grazie anche e soprattutto al supporto fornito dalla community di sviluppatori e dalle software house.
Le alternative third party di certo non mancano sul mercato. Molte sono basate proprio sulla tecnologia in questione. Chromecast è però diventato un brand, l’incarnazione di un sistema in grado di semplificare la riproduzione dei contenuti in casa, accorciando al distanza che separa i dispositivi mobile e desktop dai televisori e dagli apparati audio. Parte del successo commerciale è legata alla scelta di proporre il dongle a un prezzo estremamente accessibile: 35 dollari al lancio negli Stati Uniti per il primo modello, un esborso economico di gran lunga inferiore rispetto ad altri device con funzionalità simili.
Non è da escludere per il futuro l’arrivo di nuove versioni, magari ancora più piccole e ottimizzate dal punto di vista del design oppure accompagnate da un telecomando che solleva l’utente dall’obbligo di interagire con lo smartphone per la gestione dei contenuti. Buon compleanno, Chromecast!