Ci vuole tantissimo tempo e impegno per creare un videogioco, soprattutto se si parla di Red Dead Redemption 2 (o comunque di titoli ad alto budget).
Nelle scorse ore il cofondatore di Rockstar, Dan Houser, ha dichiarato che per completarlo ci sono volute circa 100 ore di lavoro a settimana. Questo ha scatenato polemiche sui social in merito agli estenuanti turni di lavoro cui sono talvolta sottoposti gli sviluppatori.
Tuttavia, poco dopo, Houser ha gettato acqua sul fuoco dicendo che la sua affermazione sarebbe stata interpretata male dagli utenti. Ha dichiarato infatti:
Dopo aver lavorato a un gioco per sette anni, io, Mike Unsworth, Rupert Humphries e Lazlow svolgiamo sempre tre settimane di intenso lavoro per chiudere tutto. Tre settimane, non anni. Lavoriamo da 12 anni e abbiamo bisogno di questo lavoro aggiuntivo per sistemare le cose. Dopo un sacco di tempo trascorso a organizzare e preparare il progetto, abbiamo dovuto verificare e finalizzare tutto. Ovviamente non ci aspettiamo che altre persone lavorino in questo modo. Nella nostra azienda, ci sono dipendenti che lavorano duramente perché sono appassionati di un determinato progetto o di quello che fanno durante la giornata. Nessuno, sia senior che junior, è costretto a lavorare per un tempo prolungato.
Gli straordinari frequenti (e talvolta obbligatori) non sono una novità nel settore dei videogiochi ma, stando a quanto rivelato da Houser, Rockstar sembrerebbe non imporli ai suoi developer.
La società non ha soltanto sede a New York, ma anche diversi studi in California, a Boston, nel Regno Unito e in altre parti del Mondo. Durante l’intervista condotta da Vulture, Houser aveva inoltre rivelato dettagli davvero interessanti su Red Dead Redemption 2, per esempio che la modalità singolo giocatore durerà circa 60 ore (nonostante alcune missioni siano state rimosse).