Lo si potrebbe definire il #MeToo del settore tecnologico: tantissimi dipendenti di Google, non soltanto di sesso femminile, hanno protestato nelle piazze delle varie città del Mondo in seguito allo scandalo delle molestie sessuali riemerso nei giorni scorsi grazie a un’inchiesta del New York Times (di cui abbiamo parlato approfonditamente qui). Secondo le accuse, i dirigenti coinvolti sarebbero stati “trattati con i guanti” dall’azienda invece che puniti severamente.
Ovviamente la protesta nelle piazze non intende scagliarsi solo contro BigG, ma in generale contro tutte le aziende tecnologiche che non garantiscono un ambiente di lavoro sicuro per le donne. J.J. Wanda, dipendente della filiale californiana di Google, ha dichiarato di aver visto colleghi “colpiti da questo genere di cose, che hanno distrutto le loro carriere”.
A protestare centinaia di dipendenti di Tokyo, Singapore, Zurigo, Londra e Berlino, tutti con un obiettivo in comune: un cambio di rotta delle aziende nell’affrontare le accuse di molestie e ogni genere di abuso. Sulle loro scrivanie un biglietto recitava:
Non sono al mio posto perché, insieme ad altri colleghi, voglio protestare contro le condotte inappropriate, le molestie sessuali, la mancanza di trasparenza e una cultura del lavoro che non funziona per tutti.
La protesta nelle piazze ha avuto luogo ieri mattina intorno alle 11:00. Google ha intanto cercato di dare una risposta con forza alle richieste dei dipendenti, dimostrando di saper prendere posizione. Sempre secondo il New York Times, Richard DeVaul, direttore del laboratorio di ricerca X, sarebbe rimasto sul posto di lavoro per anni dopo un’accusa di condotta inappropriata da parte di una donna: martedì scorso il dirigente è stato licenziato seduta stante, senza ricevere alcuna buonuscita.