I politici repubblicani, in particolare Donald Trump, hanno fortemente criticato Google per avere dei pregiudizi contro i conservatori. Ad agosto, il presidente degli Stati Uniti ha pubblicato un tweet di sfogo in cui diceva che i risultati di ricerca di BigG sono “truccati” e che il colosso di Mountain View “sopprime le voci dei conservatori”. A dimostrazione di ciò, ha affermato che Google ha promosso il discorso sullo stato dell’Unione del presidente Obama, ma ha ignorato il suo.
Per gettare acqua sul fuoco e cancellare l’idea dei pregiudizi dell’azienda nei confronti dei repubblicani, l’amministratore delegato Sundar Pichai dovrebbe quindi presentarsi il 5 dicembre davanti al comitato giudiziario della Camera dei rappresentanti. A ogni modo, Google ha altro di cui preoccuparsi rispetto alle affermazioni dei repubblicani: la società è stata pesantemente criticata per aver scoperto troppo tardi un bug di Google+ che potrebbe aver esposto le informazioni private di centinaia di migliaia di utenti. Come se non bastasse, di recente 20mila dipendenti sono usciti in piazza per protestare contro la società in seguito allo scandalo delle molestie sessuali (BigG avrebbe infatti “trattato con i guanti” alcuni ex dirigenti coinvolti, tra cui il creatore del sistema operativo Android, Andy Rubin); infine, BigG è criticata dagli utenti per la realizzazione di un motore di ricerca censurato per la Cina.
Il 5 dicembre si prevede che Pichai dovrà rispondere a domande riguardanti i pregiudizi contro i repubblicani, sulla privacy degli utenti e sulle multe ricevute (come quella da 5 miliardi di dollari in Europa). I politici statunitensi, tra cui Trump e Goodlatte, hanno suggerito che la società abbia bisogno dello stesso livello di scrutinio negli Stati Uniti.