Facebook ha favorito alcune compagnie, tra le quali Netflix, Airbnb e Lyft, offrendo loro un accesso speciale ai dati degli utenti per le loro inserzioni. Lo dicono le circa 250 pagine pubblicate da una commissione parlamentare britannica. Secondo i legislatori il colosso di Mark Zuckerberg ha anche pensato di chiedere denaro in cambio di questi accessi.
“Abbiamo bisogno di un dibattito più aperto riguardo i diritti degli utenti dei social media e sulle aziende più piccole che devono lavorare con i giganti tech. Spero che l’inchiesta della nostra commissione possa difenderli”, ha scritto su twitter Damian Collins, presidente della commissione parlamentare britannica dedicata a questioni legate al digitale, alla cultura, ai media e allo sport.
We need a more public debate about the rights of social media users and the smaller businesses who are required to work with the tech giants. I hope that our committee investigation can stand up for them.https://t.co/GRtQ5oMdvn
— Damian Collins (@DamianCollins) December 5, 2018
Sostiene di non aver ricevuto risposte concrete da parte di Facebook su tali questioni così importanti, per questo hanno diffuso questi documenti, che sono stati pubblicati sul sito della commissione parlamentare. Facebook ha risposto, difendendosi: “Come tutte le società, abbiamo avuto diverse conversazioni interne sui diversi modi con cui possiamo sviluppare un modello di business sostenibile per la nostra piattaforma. Ma i fatti sono chiari: non abbiamo mai venduto dati delle persone”.
Questi documenti fanno parte di una causa del 2015 di uno sviluppatore, Six4Three, intentata a Facebook stessa, riguardo un’app non più disponibile. Sosteneva che le pratiche di Facebook erano anticompetitive, favorendo alcune aziende a discapito di altre. Su ordine di un giudice californiano e della stessa Facebook quei documenti furono messi sotto sigillo. Quei documenti per Facebook sono “solo una parte della storia, presentati in modo fuorviante e senza contesto“.
Rimane una nuova tegola per il social network, che si aggiunge a una lunga serie di scandali esplosi nel 2018, tra Cambridge Analytica e l’attacco hacker che ha esposto più di 30 milioni di account. Avanti il prossimo.