Ennesimo scandalo per Facebook. Il colosso di Mark Zuckerberg avrebbe stretto partnership con le alcune grandi società tecnologiche molto più intrusive rispetto a quanto dichiarato in passato. Un’inchiesta del New York Times basata su 270 pagine di documenti interni al social network e interviste a più di 60 ex dipendenti dipinge una situazione estremamente grave per la privacy degli utenti.
Si legge che Facebook avrebbe consentito l’accesso a dati sensibili nonostante sia vietato di condividerli senza una autorizzazione esplicita. Sono coinvolte in tutto più di 150 società tra imprese tecnologiche, rivenditori online, siti di intrattenimento, case automobilistiche e media, per accordi stretti dal 2010 al 2017.
A Bing ad esempio, il motore di ricerca di Microsoft, sarebbe stato permesso di raccogliere nomi di tutti gli amici degli utenti di Facebook senza il loro consenso. Fa ben più impressione invece le concessioni a Netflix, Spotify e Royal Bank of Canada: l’accesso ai messaggi privati che si scambiano gli utenti. Ebbene sì, secondo il report Netflix poteva leggere messaggi che gli utenti mandano in privato. Amazon invece avrebbe avuto accesso ai nomi utenti e informazioni di contatto, che dice di averli usati “in modo appropriato”.
Apple invece avrebbe ricevuto informazioni sul calendario degli iscritti, anche quelli che avevano disattivato questa condivisione. La casa di Cupertino nega di aver ricevuto questo trattamento privilegiato. I dati in molti casi servono per avere informazioni su gusti e idee degli utenti, importantissimi per sviluppare prodotti più vendibili.
Facebook ha negato di aver concesso questi privilegi ai partner senza il consenso degli utenti, come si legge nel comunicato ufficiale Konstantinos Papamiltiadis, Director of Developer Platforms and Programs: “per essere chiari: nessuna di queste partnership o funzionalità ha consentito alle società di accedere alle informazioni senza il consenso delle persone, né ha violato il regolamento del 2012 con la FTC”.
Una faccenda ancora con troppe ombre, con informazioni in netto contrasto con quanto detto da Mark Zuckerberg al senato americano, quel “non vendiamo i dati degli utenti”. Chi pensava che gli scandali per Facebook fossero finiti, si continua di mese in mese da Cambridge Analytica in poi, dovrà ricredersi. Manca ancora qualche giorno alla fine dell’anno, c’è tempo.
Aggiornamento ore 15:23: Netflix ha contattato Webnews tramite un suo portavoce, dichiarando la sua posizione in merito al report del New York Times: “Negli anni abbiamo sperimentato diversi modi per rendere Netflix più social. Un esempio di questi, è la funzione lanciata nel 2014 che permetteva agli utenti di suggerire serie e film ai loro amici di Facebook attraverso Messenger o Netflix. La funzione però non è stata popolare e l’abbiamo eliminata nel 2015. In nessun momento abbiamo avuto accesso ai messaggi privati delle persone su Facebook o richiesto la possibilità di farlo“.