È un momento delicato per Huawei. Da un lato la situazione critica con gli Stati Uniti, che stanno mettendo in pericolo i due più grandi business dell’azienda, la vendita di smartphone e la realizzazione delle infrastrutture di rete in vista del 5G, dall’altro gli affari giudiziali che coinvolgono parte dell’entourage, con il culmine dell’arresto e poi rilascio di Meng Wanzhou, CFO del gruppo e figlia del presidente.
Proprio per questo, la compagnia ha deciso di tenere una tavola rotonda con alcuni giornalisti presso una delle basi generali in Cina, a Dongguan. Qui si è parlato di 5G, degli Stati Uniti, della questione della CFO, a cui però non sono stati aggiunti molti dettagli per via del processo che è ancora in corso e che dovrebbe vedere una primaria sentenza nel 2019.
Il Rotating Chairman di Huawei, una sorta di posizione pro-tempore, Ken Hu, ha dato messaggi positivi sulla crescita del business e sulle prospettive future, sottolineando la fiducia verso l’azienda di centinaia di operatori di rete, nonostante il panorama non così roseo dipinto dai recenti fatti. Tant’è vero che il fatturato del 2018, secondo le previsioni, dovrebbe superare i 100 miliardi di dollari. Hu ha anche risposto direttamente in merito alle recenti accuse contro l’azienda, affermando che “è meglio lasciare che i fatti parlino da soli” e al contempo sottolineando che “non sono mai state rilevate falle nella sicurezza di Huawei né si sono mai verificati episodi di violazione della sicurezza informatica in 30 anni di attività”.
Sul 5G Huawei ha affermato di aver portato a termine 25 contratti commerciali, posizionandosi al primo posto tra tutti i fornitori di apparecchiature ICT al mondo, dopo aver già installato oltre 10 mila stazioni base a livello globale. Attualmente la multinazionale è al top del mercato e, stando a quanto comunicato in sede di conferenza, dovrebbe rimanerci per i prossimi 12-18 mesi, grazie alla capacità di garantire una transizione verso il 5G più veloce ed economicamente vantaggiosa. “Alcune preoccupazioni sulla sicurezza della tecnologia 5G sono legittime – ha osservato Hu – ma possono essere chiarite o mitigate attraverso la collaborazione con operatori e governi locali. Si sono verificati solo rari casi in alcuni paesi che hanno utilizzato tali problematiche come scusa per fare speculazioni infondate poiché esclusivamente basate su considerazioni ideologiche o geopolitiche”.
La sicurezza informatica resta al primo posto tra le priorità di Huawei. Hu si è detto favorevole alla realizzazione di centri di valutazione della cybersecurity in paesi come Stati Uniti e Australia, facendo riferimento a operazioni simili nel Regno Unito, in Canada e in Germania, con lo scopo di identificare, guidare e mitigare qualsiasi genere di criticità. Ricordiamo come Huawei si sia volutamente sottoposta a revisioni e a controlli da parte di legislatori e clienti, esprimendo comprensione per i dubbi di alcune parti interessate.
Si passa poi a un tema scottante: la CFO di Huawei, Meng Wanzhou. A questo proposito Hu non ha potuto rilasciare commenti per via dei processi legali in corso ma ha affermato che “né le operazioni commerciali né i piani di viaggio dei dirigenti sono stati influenzati dall’accadimento. Huawei fa completo affidamento sul suo sistema di conformità commerciale, in vigore dal 2007 e ripone altrettanta fiducia nell’equità e nell’indipendenza dei sistemi giudiziari di Canada e Stati Uniti”.