Tim Cook scende nuovamente in campo per difendere la privacy degli utenti, chiedendo l’approvazione di leggi severissime in materia. Il CEO di Apple, infatti, ha scritto al Congresso degli Stati Uniti per sottolineare come quello alla riservatezza sia un diritto inviolabile, oggi purtroppo continuamente calpestato dalle società che rivendono dati personali dei loro consumatori. Il leader di Cupertino mette inoltre in guardia su un fenomeno recente, quello dei data-broker: società specializzate nella raccolta di dati personali, allo scopo di cederli previo pagamento ad aziende terze.
Apple si è schierata da tempo a favore della protezione della privacy degli utenti, prima inserendo una crittografia end-to-end nei propri sistemi operativi – non accessibile nemmeno alla stessa mela morsicata – poi prevedendo funzioni aggiuntive. Dopo aver aperto un portale online dedicato proprio alla riservatezza dei dati personali, il gruppo ha ribadito di non raccogliere informazioni sugli utenti, né di rivenderle a terzi. L’obiettivo di Apple è infatti quello della vendita di hardware, non il tracciamento e la creazione di profili sui consumatori.
Nella lettera inviata al Congresso, Tim Cook spiega come sia giunto il momento di varare delle normative molto rigide in fatto di protezione della privacy, anche in relazione a casi recenti. I principali servizi che sono soliti tracciare profili degli utenti, ad esempio a scopo pubblicitario, non possono essere infatti considerati sicuri: basti pensare, fra i tanti, alle violazioni condotte da soggetti vari sulla piattaforma Facebook.
Nel 2019, è tempo di proteggere il diritto alla privacy: la vostra, la mia, quella di tutti. I consumatori non dovrebbero tollerare un altro anno in cui le compagnie ammassano irresponsabilmente enormi profili degli utenti, né violazioni ormai fuori controllo e la sempre più evanescente abilità di controllare la loro vita digitale. […] Una delle grandi sfide nella protezione della privacy è che molte delle violazioni sono invisibili. Ad esempio, si può aver acquistato un prodotto da un venditore online, qualcosa che la maggior parte di noi ha fatto. Ma il rivenditore non ti dice che ha deciso di vendere e trasferire le informazioni relative al tuo acquisto a un “data broker”, una società che esiste solamente per raccogliere i tuoi dati e venderle a un altro compratore. […] Sia chiaro, nessuno di noi l’ha chiesto. Pensiamo che tutti gli utenti abbiano il diritto di dire: “Aspetta un attimo. Quelle che stai vendendo sono le mie informazioni, io non ho dato il consenso”.
Il problema dei “data-broker” è sempre più sentito, poiché le società specializzate nella rivendita a sconosciuti di dati personali si stanno moltiplicando a vista d’occhio, senza che si possano effettivamente conoscere le conseguenze dell’utente, soprattutto nel lungo periodo, dello sfruttamento di quelle informazioni.