L’Unione Europea starebbe prendendo in considerazione una serie di misure che avrebbero l’effetto di impedire l’utilizzo delle infrastrutture di Huawei e di altri brand cinesi per la creazione delle reti 5G all’interno dei Paesi membri. L’indiscrezione arriva da Reuters che cita quattro differenti funzionari dell’Unione Europea. Gli echi del caso Huawei in America si starebbero iniziando quindi a sentire anche in Europa. Come noto, il Governo americano ha accusato la società di essere occhi ed orecchie del Governo cinese.
Secondo la fonte, le valutazioni dell’Unione Europea sarebbero ancora all’inizio, tuttavia quanto emerso mette in evidenza un netto cambiamento di posizione per quanto riguarda le preoccupazioni in materia di cybersicurezza delle infrastrutture cinesi. Un progetto del genere sarebbe comunque sicuramente gradito dal Governo Trump che da tempo sta facendo pressioni sugli alleati americani affinché seguano la sua stessa linea d’azione bloccando ogni possibile acquisto delle infrastrutture di Huawei e di altri brand cinesi. Mettere fuori gioco le aziende cinesi potrebbero non sembrare facile, tuttavia sarebbe già stata trovata la soluzione.
La fonte evidenzia, infatti, che un’opzione presa in considerazione dalla Commissione Europea consiste nel modificare una legge sulla sicurezza informatica del 2016, che impone alle imprese coinvolte in infrastrutture critiche di adottare misure di sicurezza adeguate.
Modificando la definizione di infrastruttura critica per includere anche le reti mobile di quinta generazione, la legge impedirebbe alle aziende europee di utilizzare infrastrutture fornite da un qualsiasi Paese o azienda sospettato di usare le sue reti per spiare o sabotare.
Si starebbe valutando anche altre modifiche come quelle sulle leggi sugli appalti. Le nuove normative non sarebbero tarate per Huawei ma sarebbero costituite per riguardare anche altre realtà cinesi.
Una portavoce di Huawei ha affermato:
Huawei è aperta e impegnata a lavorare con le istituzioni europee per sviluppare uno standard di sicurezza informatica per l’Europa. L’apertura di un nuovo centro per la sicurezza informatica a Bruxelles a marzo sottolinea il suo impegno nei confronti dell’Europa.
Il Governo cinese nega da quando è scoppiato il caso qualsiasi intenzione di spiare l’Occidente e sottolinea che le accuse sono infondate.
L’ambasciatore cinese presso l’UE, Zhang Ming, ha inviato un messaggio simile a un incontro privato presso la Commissione Europea con il commissario europeo Andrus Ansip il 29 gennaio, sostenendo che Huawei non dovrebbe essere messa al bando per le reti 5G in Europa.
Il cambiamento di posizione dell’UE è stato provocato dalle modifiche alle leggi cinesi in materia di intelligence e sicurezza negli ultimi anni. In un esempio citato nel documento della Commissione, la legge cinese sull’intelligence nazionale afferma che le organizzazioni e i cittadini cinesi devono sostenere, cooperare e collaborare nel lavoro di intelligence nazionale.
Ciò ha scatenato il timore che le aziende cinesi come Huawei possano integrare delle “backdoor” nelle loro infrastrutture che consentirebbero l’accesso a Pechino, per scopi di spionaggio o sabotaggio.
Cambiare le norme dell’UE non è semplice e una tale modifica dovrebbe ottenere l’approvazione di tutti i Paesi membri. Anche con quest’approvazione, potrebbe volerci almeno un anno prima che la modifica legislativa sia posta in essere.
I quattro funzionari dell’UE affermano anche che un ulteriore campanello d’allarme è stato l’arresto da parte della Polonia di un dipendente cinese di Huawei e di un ex funzionario della sicurezza polacca con l’accusa di spionaggio.
Nel frattempo, l’Italia sta pensando ad una sorta di bollino che certifichi la sicurezza delle reti. Una soluzione molto simile è allo studio anche in Germania dove Deutsche Telekom sta ipotizzando un percorso di certificazione che potrebbe consentire a società come Huawei di poter continuare ad operare.
Le posizioni europee, dunque, non sembrano allineate. Il vero problema, infatti, è che Huawei detiene un’importante fetta del mercato delle TLC del Vecchio Continente. Metterla al bando potrebbe portare a pesanti conseguenze in termini industriali ed economici.