Un gruppo di legislatori democratici ha finalmente formulato una proposta di legge per porre fine alla pratica dell’arbitrato forzato, un problema che è stato recentemente sollevato dei dipendenti di Google.
Le clausole arbitrali obbligatorie, spesso inserite nei contratti (come fatto da BigG stessa), richiedono ai dipendenti di rinunciare al loro diritto di citare in giudizio e di partecipare ad azioni legali collettive, risolvendo piuttosto la dispute attraverso un sistema privato e quindi evitando di andare in tribunale. La pratica, affermano i critici del diffuso sistema, dà ai datori di lavoro il sopravvento nelle controversie.
Definendo l’arbitrato forzato “fondamentalmente ingiusto e non-americano”, il senatore Richard Blumenthal (D-CT) ha dichiarato che il Forced Arbitration Injustice Repeal Act, o FAIR Act (riguardante la “garanzia di ogni individuo in tribunale”), l’ultimo di una lunga lista di proposte di legge che non sono riuscite a sviare l’attuale quadro della Corte Suprema, sarebbe stato ripresentato alla Camera dei Rappresentanti.
La scorsa settimana, in seguito alle proteste dei dipendenti, Google ha annunciato che avrebbe posto fine all’arbitrato forzato per ogni tipo di disputa. Gli organizzatori degli scioperi hanno detto che si sarebbero incontrati con i legislatori.
Il disegno di legge appena annunciato non si applica a un settore specifico, ma i lavoratori di Google hanno fatto quanto detto: si sono presentati insieme ai legislatori e ad altri interessati. Tanuja Gupta, una dipendente di Google che ha organizzato le proteste dei dipendenti, ha dichiarato:
Veniamo qui oggi non come dipendenti della stessa azienda, ma come sei dei 60 milioni di lavoratori in America a cui viene negato l’accesso alla giustizia.
Ha sottolineato quindi che “è giunto il momento di porre fine all’arbitrato forzato” e ha osservato come alcuni colossi della tecnologia abbiano lentamente ceduto a tali politiche.