Per qualche tempo, è sembrato che il live streaming potesse rappresentare il futuro del digitale. Le piattaforme di social media come Facebook lo amavano, tanto da introdurlo praticamente subito dopo un periodo di prova, quando solo i VIP potevano, tramite un’app apposita, la ex Mentions. Dopo una serie di limitazioni tecniche, problemi di contenuto e abusi, il panorama si è decisamente incrinato, creando equilibri non più così stabili.
Il problema più grande non riguarda certo il servizio ma quello che la gente fa con una tipologia di servizio. Un po’ quello che è successo con la pagina Facebook di Inps per la famiglia, dove un’opportunità di comunicazione diretta si è trasformata in un calderone in cui gettare le peggiori pratiche civili e della netiquette. Quello che sappiamo è che quando un utente carica un video su una piattaforma, la tecnologia può eseguire una serie di controlli, per assicurarsi che soddisfi gli standard di qualità. YouTube lo fa da tempo, segnalando nell’immediato se un filmato, ad esempio, contiene una canzone o melodia protetta dal diritto d’autore. Procedere in questo modo su un video in diretta è più complicato.
C’è una lista in crescita circa i crimini orribili trasmessi live sui social network, e tutto ciò è solo la punta dell’iceberg: episodi di violenza sessuale e piccoli crimini imperversano ovunque, sui forum, tra le chat sul telefonino, nel deep web. Facebook è però il luogo principe, la piazza che tutti vogliono, dove i 15 minuti di notorietà restano impressi per sempre. E non è un caso se le principali nefandezze del recente periodo abbiano fatto una comparsa live proprio sulla creatura di Zuckerberg.
Insomma, la questione è profonda e non facilmente risolvibile, per una serie di ragioni, tecniche e sociali. Le persone non hanno il controllo immediato su quali contenuti appaiono nei loro feed di notizie, il che significa che potenzialmente milioni di utenti potrebbero inavvertitamente vedere un contenuto orribile, senza motivo o solo perché un parente o amico lo ha ripreso. Vogliamo parlare degli effetti sulla società? Ci sono ricerche che dimostrano come le persone esposte a contenuti violenti hanno maggiori probabilità di commettere violenze in futuro. Inoltre, la copertura mediatica di un suicidio può portare a un picco importante di casi di suicidio. Ed è ragionevole pensare che la stessa motivazione di chi compie un gesto del genere, su Facebook Live, sia una richiesta di attenzione; la medesima che ragazzi e ragazze, grandi o piccoli, potrebbero desiderare, emulando gli altri.
C’è una soluzione a tutto ciò? Si, chiudere per sempre i Live, dovunque essi siano. Se c’è una cosa che la televisione ha dimostrato di poter far bene sono gli spettacoli in diretta, perché dietro c’è preparazione, prove, controllo; tutti flussi che non sono ponderati dal cittadino medio. Ci sono alcune accortezze, proposte dagli esperti per evitare una sparizione delle varie declinazioni dei live (Facebook, YouTube, Twitter, ecc.). Ad esempio, alcuni hanno proposto di impostare un ritardo per le trasmissioni dal vivo, in questo modo qualcuno può intervenire se viene rilevata un’azione problematica.
Altri hanno suggerito che le piattaforme di social media impediscano lo streaming per gli utenti di età inferiore ai 18 anni o almeno che vi sia una differita di 12 ore nel caso di filmati avviati da tale target. C’è poi chi parla di un aumento dell’utilizzo della tecnologia di automazione come IA e machine learning, creati per individuare casi di violenza, al fianco dei moderatori umani.
Non si può dare un giudizio oggi su cosa sia meglio o no. Ogni sviluppo tecnologico ha i suoi risvolti positivi e negativi ma lo streaming live sembra una sorta di terra di nessuno dove tutto è possibile. Sbagliatissimo e da cambiare. Il contenuto violento è un grosso problema, i marchi e gli individui hanno difficoltà a generare un pubblico coerente e persino un pubblico coerente può essere afflitto da problemi dovuti alla lealtà, all’anonimato o all’incostanza degli spettatori. Twitch è l’unica piattaforma che ha riscosso un successo reale, perché guarda ad un audience specifico, ben targettizzato. C’è molto potenziale, è innegabile, ma solo a seguito di una profonda revisione tecnico-culturale del mezzo, con modalità di distribuzione condivise e omogenee e una migliore previsione di ciò che potrebbe andare storto.