Nell’ambito dell’elettronica di consumo, se si fa riferimento ad un ‘ecosistema’ di prodotti hardware e software, l’associazione immediata è all’ecosistema Apple. Perfettamente integrato da anni, con continue iterazioni che affinano l’integrazione tra le app ed i servizi al suo interno.
In realtà, negli ultimi anni sono molteplici gli ecosistemi di elettronica di consumo che si sono sviluppati e in generale la tendenza è quella di trovare ogni modo possibile per ‘agganciare’ il consumatore da un qualsiasi punto dell’ecosistema, fargli conoscere la qualità di un prodotto e convincerlo che anche gli altri prodotti godono della stessa qualità tecnica e di design.
Tra questi, Huawei si sta distinguendo sicuramente per l’incremento dei prodotti che propone e gli ‘indizi’ di integrazione che semina qua e là. Molti ricordano Huawei a partire dallo smartphone P8, poi con la gamma Mate ed infine con i laptop, tablet e convertibili. Possedere un prodotto Huawei fino a 3 anni fa voleva dire avere un prodotto performante sicuramente, ma senza valori aggiunti in termini di software. Dall’ingresso di P9, il valore aggiunto evidente è sempre stato il reparto fotografico, realizzato in collaborazione con Leica. Ma il reparto software ha sempre sofferto: la EMUI, in qualsiasi forma e versione, piena di app inutili e doppioni, è sempre stato il tallone di Achille. E lo è ancora oggi. Ma se fino allo scorso anno molte delle app preinstallate non avevano letteralmente senso poiché destinate al mercato cinese, da quest’anno l’ecosistema Huawei inizia a prendere una certa qual forma.
Webnews.it ha approfittato del lancio, quasi in contemporanea, di 3 prodotti appartenenti a tre categorie differenti, per valutare l’integrazione dell’ecosistema Huawei nel 2019.
I prodotti in questione sono lo smartphone P30 Pro, lo smartwatch Watch GT Active e il laptop Matebook 13.
Ad oggi, non esiste un’integrazione seamless tra tutti e tre i (tipi di) dispositivi: il P30 parla con il Watch GT Active tramite l’app Huawei Health e con il Matebook 13 tramite Huawei Share OneHop, ma il Watch GT Active e il Matebook 13 non hanno alcun modo per riconoscersi. Allo stesso modo, le app non sono integrate tra i dispositivi: le app su Watch GT Active sono state sviluppate con una precisione ed una cura eccellenti, ma funzionano ed elaborano dati solo per lo smartwatch e, al più, per l’app Huawei Health, ma non si possono esportare in nessun modo senza perdere pezzi. Ad esempio, l’integrazione di Huawei Health con MyFitnessPal è solo apparente: i workout, gli allenamenti, le calorie bruciate e i passi vengono sincronizzati male, e non possono quindi essere usati efficacemente per l’integrazione con app di terze parti.
L’analisi del sonno, sempre sul Watch GT Active (ma in generale su tutta la gamma GT), è eccezionale: lo smartwatch riconosce anche i sonnellini pomeridiani, analizzando automaticamente la qualità del sonno e sommandola a quella del sonno notturno. Le statistiche sono molto ben dettagliate, ma rimangono ‘rinchiuse’ all’interno dell’app Huawei Health.
A proposito di app sullo smartphone, oltre all’ormai evidente problema relativo alle app doppioni ed inutili su EMUI, esistono nuovi servizi e funzionalità che Huawei ha pensato per il mercato occidentale: Huawei VIDEO è una piattaforma di streaming che costa 4,99€ al mese e che ha molti contenuti mainstream. Ma, dopo una prova di un mese, la disattivazione viene naturale: con Prime Video, Netflix e un numero sempre di piattaforme streaming con contenuti specifici (vedi Crunchyroll, VVVID, Hulu, HBO Go), una proposta come Huawei VIDEO potrebbe essere sensata solo in un mercato definito come quello cinese. Sempre girando all’interno della cartella ‘Altro’ dello smartphone, c’è l’app per i Temi: dalla recensione del primo smartphone Huawei 3 anni fa, il sottoscritto non ha visto un ampliamento dell’offerta di temi, che in realtà ora sembra anche superflua. L’utente medio non è nemmeno a conoscenza della possibilità di cambiare il tema, e l’utente più esperto non usa l’app Temi per personalizzare il proprio smartphone. Per non parlare, ovviamente, del numero di app duplicate che, non potendo essere disattivate, contribuiscono solo a togliere spazio disponibile alla memoria interna.
La prima, vera integrazione tra due prodotti Huawei è sicuramente Huawei Share OneHop: un’evoluzione naturale di Huawei Share, che permette di condividere file tra dispositivi Huawei usando Wi-Fi e bluetooth, OneHop utilizza anche l’NFC: basta poggiare lo smartphone sul laptop ed in un secondo si può trasferire una foto che pesa circa 20 MB. La prima volta che smartphone e laptop si toccano, avviene un riconoscimento reciproco che crea una simbiosi: ogni volta che il laptop viene acceso, lo smartphone risulta connesso tramite una notifica fisssa e sul laptop l’icona di Huawei ID assume un pallino verde. Questa integrazione permette anche la condivisione istantanea della connessione internet tramite l’hotspot sullo smartphone.
Certo, si è già visto un tipo di integrazione simile, ma l’aggiunta dell’NFC da una personalità alla proposizione Huawei. Questa è la strada da percorrere.
Anche il Watch GT dovrebbe usufruire di Huawei Share per condividere istantaneamente dati sulla corsa, sonno e sulla sincronizzazione delle notifiche con smartphone e laptop. Huawei Health è un’app dal potenziale enorme, ma se i dati rimangono rinchiusi, il potenziale rimane inespresso. Huawei può, e deve, dettare regole per abilitare app di terze parti ad esportare dati con facilità ed integrità. E deve continuare sulla strada di OneHop, per sfruttare le potenzialità hardware sviluppate in casa e dare una personalità unica all’ecosistema del produttore cinese in Europa.