La Corte Suprema degli Stati Uniti ha ritenuto ammissibile l’avvio di una causa contro Apple, in merito alla sua posizione da monopolista su App Store. Con un voto di 5 a 4, la massima autorità giudiziaria a stelle e strisce ha aperto la strada per una possibile azione legale, su richiesta in appello da alcuni consumatori. Il caso, tuttavia, non deve essere confuso con la recente indagine avviata in Europa, sempre relativa al funzionamento dello store virtuale dell’azienda.
La vicenda risale al 2011, quando alcuni utenti di iOS hanno deciso di opporsi legalmente al gruppo di Cupertino, poiché convinti che la posizione monopolista di Apple sul fronte della distribuzione delle app sia alla base di un aumento immotivato dei prezzi. Poiché i developer di terze parti possono unicamente affidarsi ad App Store per la diffusione delle loro applicazioni, e dato il modello di revenue sharing del gruppo, gli sviluppatori sarebbero costretti a imporre listini più alti, a danno dei consumatori.
Nel 2013 la causa in questione è stata rigettata da una corte californiana, ma nel 2017 ne è stata garantita la possibilità d’appello, fino a giungere all’odierna decisione della Corte Suprema. Ovviamente, la Corte Suprema stessa non ha emesso alcuna sentenza nei confronti di Apple, bensì ha stabilito l’ammissibilità della causa, che dovrà ora seguire il suo normale iter per comprendere se il gruppo di Cupertino abbia abusato, o meno, della propria posizione.
Apple si è già espressa in passato sulla questione, sottolineando come i prezzi delle applicazioni vengano stabiliti dagli stessi sviluppatori, senza nessun intervento da parte dell’azienda. In merito al revenue sharing, la società di Cupertino ha spiegato come sia necessario per garantire agli stessi developer dei servizi fondamentali, coprendo così i costi per lo spazio su server, la distribuzione mondiale del software, il testing e la protezione della proprietà intellettuale.