Durante una conferenza stampa a San Francisco, gli scienziati di Neuralink, progetto già conosciuto (almeno nel nome) di Elon Musk, hanno spiegato come funziona il sistema che mira a collegare gli esseri umani ai computer.
Secondo la startup fondata nel 2017, i prototipi sviluppati fino ad oggi aiuteranno ad alleviare condizioni mediche croniche come il Parkinson e l’epilessia e potrebbero un giorno consentire ai pazienti senza arti di riprendere la mobilità o a parlare e vedere, per chi oggi non riesce.
Neuralink non è venuto fuori dal nulla – c’è una lunga storia di ricerca accademica – ha spiegato il presidente Max Hodak, durante la presentazione.
Per andare nel concreto, Neuralink ha mostrato un dispositivo collegato al cervello di un ratto da laboratorio, in grado di estrarre informazioni da vari neuroni contemporaneamente. Si chiama Novelly e utilizza fili conduttivi flessibili simili a cellophane inseriti nei tessuti molli, tramite una cosiddetta “sewing machine”, ossia una macchina per cucire.
Come si collega
Un robot, potenziato da un software di visione intelligente e artificiale, guida un ago contenente fasci di cinque micron di spessore nel cervello (evitando i vasi sanguigni) collegati a una serie di elettrodi in diverse posizioni e profondità. Alla massima capacità, il robot può inserire sei fili contenenti 192 elettrodi al minuto.
Questi elettrodi rilevano impulsi neurali sulla superficie del cranio e li inviano ad un computer che analizza ed effettua stime, secondo varie finalità, per la ricerca scientifica e le applicazioni mediche. Neuralink finora ricevuto 158 milioni di dollari in finanziamenti (inclusi almeno 100 milioni da Musk) e conta su 90 dipendenti. La compagnia spera di iniziare a lavorare con soggetti umani in collaborazione con neurochirurghi alla Stanford University, e se il gruppo sa che l’inserimento degli elettrodi inizialmente richiederà di effettuare fori attraverso il cranio, presto una tecnologia di perforazione micro-ossea permetterà di essere il meno invasiva possibile.
Il primo device
Il primo dispositivo Neuralink progettato per sperimentazioni sull’uomo è l’N1, un cilindro di circa otto millimetri di diametro e quattro millimetri di altezza che contiene il suddetto chip, un film sottile e un substrato ermetico che può interfacciarsi con un massimo di 1.024 elettrodi. Saranno quattro i sensori che si potranno installare sull’uomo, almeno all’inizio: quattro nelle aree motorie del cervello e uno in un’area sensoriale somatica.
Il chip contiene i cosiddetti pixel analogici, che amplificano e filtrano i segnali neurali prima di essere convertiti in bit digitali. Un pixel analogico può catturare l’intero segnale neurale tramite 20.000 campioni al secondo con 10 bit di risoluzione, risultando in 200 Mbps di dati neurali per ciascuno dei i 1.024 canali registrati.
Una volta amplificati, i segnali vengono convertiti e digitalizzati da sistemi analogici-digitali su chip, che caratterizzano direttamente la forma degli impulsi dei neuroni. Secondo Neuralink, N1 ci mette solo 900 nanosecondi a calcolare i dati neurali in entrata. Il tutto attraverso collegamenti wireless con smartphone, tablet e computer, sui quali ricevere le informazioni basilari e impostare vari parametri. Non fantasia ma la nuova era della scienza.