Alla fine si è svolta la testimonianza fiume di Mark Zuckerberg davanti alla Commissione Servizi Finanziari della Camera, durata più di sei ore: formalmente le audizioni erano dedicati a Libra e Calibra, ma alla fine le domande rivolte al CEO di Facebook hanno spaziato su tutti gli altri tempi scottanti che coinvolgono la piattaforma, dal fact-checking riguardo le pubblicità politiche a Cambridge Analytica.
Zuckerberg ha detto innanzitutto che Libra potrebbe non funzionare, ma Facebook ci proverà lo stesso per rivoluzionare i servizi finanziari in tutto il mondo. La criptovaluta, chiamata scherzosamente da un membro del congresso lo “zuck-buck”, per alludere a una sorta di valuta personale, nelle dichiarazioni del CEO potrebbe servire soprattutto alle milioni di persone che non hanno un conto in banca, ma in molti pensano invece che possa essere utilizzato per il riciclaggio di denaro o addirittura dai terroristi.
Non c’è dubbio che Libra perde pezzi, con vari partner tra cui PayPal, Visa e Mastercard che hanno per ora abbandonato la barca. Più che un’audizione, sono state ore di domande accusatorie verso Zuckerberg: “esaminando i vari problemi di Facebook, ho concluso che sarebbe vantaggioso per l’azienda concentrarsi sulle molte carenze e fallimenti esistenti prima di procedere oltre nel progetto di Libra“, ha detto Maxine Waters, presidente democratica della Commissione.
Zuckerberg ha quindi detto che il lancio di Libra avverrà solo se le autorità americane approveranno e regolamenteranno la criptomoneta. Si è parlato anche delle manipolazioni delle elezioni americane del 2016 e in particolare Ocasio-Cortez ha sottolineato la notizia emersa nelle ultime settimane, cioè che Facebook permette ai politici letteralmente di mentire sulle pubblicità ospitate sulla piattaforma.
Per Zuckerberg “ognuno può farsi un’idea su ciò che dicono i politici“, ribadendo che le pubblicità elettorali “sono una percentuale molto piccola del business”, parlando delle imminenti elezioni del 2020. Molti leader democratici hanno però attaccato Facebook di non fare fact-checking sui politici in nome di una presunta libertà d’espressione. Secondo la deputata Rashida Tlaib, Facebook addirittura “abbassa gli standard di verità e decenza in politica, promuovendo l’incitazione all’odio, che porta a violenza e minacce di morte ricevute dal mio stesso ufficio”.
Insomma la strada verso una pacificazione tra Facebook, il congresso e la politica (ma anche verso la verità dei fatti) pare ancora tutta in salita.