Coronavirus: tracciamento digitale e privacy

Il Garante della Privacy è favorevole all'uso del tracciamento digitale per monitorare la diffusione del virus, ma solo fino al termine dell'emergenza.
Coronavirus: tracciamento digitale e privacy
Il Garante della Privacy è favorevole all'uso del tracciamento digitale per monitorare la diffusione del virus, ma solo fino al termine dell'emergenza.

In Lombardia sono state utilizzate le celle telefoniche per seguire gli spostamenti dei cittadini. Il Ministero dell’innovazione vuole sfruttare le moderne tecnologie per il monitoraggio attivo. Il Garante della Privacy ha oggi dichiarato che il tracciamento dei contatti è possibile solo se la soluzione è temporanea.

Il governo italiano potrebbe adottare il cosiddetto “modello coreano” per tracciare la diffusione del Coronavirus e verificare il rispetto della quarantena. Il contact tracking digitale prevede l’uso dello smartphone per la mappatura dei soggetti entrati in contatto con persone infette. Il problema è trovare una soluzione adatta che possa coniugare la tutela della salute e la privacy. Il Garante Antonello Soro ha dichiarato che «gli strumenti di contenimento del contagio devono rispettare i diritti dei cittadini».

L’attuale normativa sulla protezione dei dati può essere derogata se esiste un interesse collettivo, ma occorre un intervento del governo (un decreto legge) che indichi chiaramente la durata limitata del tracciamento, ovvero solo fino al termine dell’emergenza sanitaria. I dati devono essere raccolti in forma anonima. Solo in caso di necessità (ad esempio per contattare i soggetti potenzialmente infetti) si potrebbe risalire all’identità reale.

La raccolta può essere facilitata con la collaborazione di Facebook e Google, ma solo l’autorità pubblica potrà analizzare i dati. Al termine dell’emergenza, tutti i dati dovranno essere eliminati. Si deve assolutamente evitare che il modello coreano si trasformi nel modello cinese.

Intanto diversi operatori telefonici, tra cui TIM, hanno deciso di comunicare alla Commissione Europea i dati relativi alla posizione degli smartphone (in forma anonima e aggregata). L’accesso ai dati deve però essere consentito solo agli epidemiologi e ad altri esperti autorizzati.

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