In seguito alle voci di corridoio della settimana scorsa, secondo cui un accordo era ormai imminente, Huawei ha annunciato la vendita del suo marchio Honor. Il colosso cinese l’avrebbe spiegata come un modo per far sì che i fornitori e i rivenditori di Honor sopravvivano nonostante le sanzioni emesse negli Stati Uniti e in altri paesi contro Huawei.
D’altro canto diversi politici hanno dichiarato l’azienda un rischio, bloccandone l’accesso ai fornitori di chip e alle società statunitensi come Google. Di conseguenza, Honor è stata ugualmente colpita dalle sanzioni statunitensi che impediscono a Huawei di sviluppare business con aziende americane.
Da questo momento in poi, Huawei non sarà coinvolta in alcuna gestione aziendale o attività decisionale di Honor, i cui prodotti spesso fanno molto affidamento sulla sua tecnologia. La linea di smartphone V30, per esempio, utilizza lo stesso processore (Kirin 990) che alimenta i dispositivi P40 di Huawei.
Al momento non è chiaro quale sia stato l’esborso relativo alla vendita, che si diceva si sarebbe aggirato intorno ai 15 miliardi di dollari. Honor è stata acquisita dalla Shenzhen Zhixin New Information Technology Co., Ltd., che secondo l’Associated Press è “un’azienda tecnologica di proprietà del governo della città di Shenzhen” (situata sulla costa meridionale della provincia del Guangdong). È lì che si trovano la sede centrale di Huawei e una serie di rivenditori Honor.
Di recente, Huawei ha lanciato il suo smartphone più green di sempre, il Mate 40 Pro. È la prova evidente di come l’attenzione dei colossi tech all’ambiente sia in continua crescita.