E’ davvero un periodo nero quello che sta vivendo in questi giorni Google. Dopo il recente down globale che ha visto coinvolto l’ecosistema di tutti i sui principali servizi, il colosso di Mountain View dovrà vedersela con una nuova procedura antitrust avviata negli Stati Uniti.
L’offensiva contro Google parte stavolta dalle aule giudiziarie del Texas, preannunciata via Twitter sul suo account ufficiale dal Procuratore Generale dello Stato americano, Ken Paxton. Le accuse sono sempre le stesse, ovverosia quelle di detenere il monopolio del settore degli annunci pubblicitari. E per descrivere l’azione giudiziaria che porterà avanti contro Google, il Procuratore ha utilizzato una metafora:
Questo Golia di Internet ha usato il suo potere per manipolare il mercato, distruggere la concorrenza e danneggiare te, il consumatore. E’ come se in un match di baseball, uno dei due contendenti assumesse contemporaneamente il ruolo di lanciatore, battitore e arbitro. Non ci sarebbe partita.”
Google, insomma, secondo gli inquirenti soffocherebbe l’innovazione, limitando la scelta dei consumatori con pratiche discriminanti nei confronti della concorrenza, che verrebbe di fatto boicottata in modi diversi. Alla causa avviata in Texas stanno aderendo in queste ore altri Stati americani: sia democratici che repubblicani hanno infatti espresso più volte preoccupazione per il fatto che solo poche aziende controllino internet e la tecnologia più in generale.
Non è quindi da escludere che questa possa essere l’occasione adatta per “scorporare” i grandi gruppi tecnologici, cominciando appunto da Google, dal momento che da tempo si è aperto a Washington il dibattito sulle loro eccessive dimensioni. Qualche settimana fa anche l’Antitrust italiana aveva avviato un’istruttoria nei confronti del coloro statunitense con l’ipotesi di reato di abuso di posizione dominante.
Secondo l’accusa, l’azienda americana avrebbe violato l’articolo 102 del “Trattato sul Funzionamento” dell’Unione europea sulla disponibilità e l’utilizzo discriminatorio dei dati raccolti attraverso le proprie applicazioni per l’elaborazione delle campagne pubblicitarie di display advertising.