Amazon ha tolto l’accesso ai suoi server a Parler, mandando offline la controversa app che garantisce la “libertà di parola”. Ora, la società ha risposto citando in giudizio Amazon Web Services per aver violato le leggi antitrust, come ultimo tentativo di ripristinare il suo servizio.
Parler afferma che le azioni di Amazon sarebbero “mosse da motivi politici” e “progettate per ridurre la concorrenza nel mercato dei servizi di microblogging a vantaggio di Twitter”. La causa chiede un’ordinanza restrittiva temporanea contro AWS. Dal canto suo, il colosso di Jeff Bezos (che non è più l’uomo più ricco al mondo) ha rifiutato di commentare l’accaduto. Amazon ha dichiarato che “è evidente che Parler non disponga i requisiti per conformarsi ai termini di servizio di AWS” e che l’app “rappresenta un rischio molto reale per la sicurezza pubblica”.
La causa legale di Parler evidenzia quanto sia critica la situazione per il servizio, che ha dovuto affrontare un enorme contraccolpo per il suo ruolo in seguito alla rivolta presso la Casa Bianca della scorsa settimana. Prima che Amazon negasse l’accesso ai suoi server a Parler, sia Apple che Google rimossero l’app dai loro store.
Sebbene Parler potrebbe non essere disponibile per il prossimo futuro, sembra che molti dei dati del servizio saranno mantenuti. A quanto pare, infatti, sarebbero state archiviate informazioni di Parler, comprese le minacce e i video pubblicati dai partecipanti ai disordini della scorsa settimana.
Poche ore prima che Parler smettesse di funzionare, Matteo Salvini si era aveva creato un account sulla piattaforma.