Ultimamente si è parlato spesso di Internet satellitare grazie in particolare al nuovo progetto di Elon Musk e della sua azienda aerospaziale SpaceX, ovverosia Starlink. Ma quella del fondatore e CEO di Tesla non è né il primo, né l’unico progetto che si propone di diffondere la navigazione in Rete attraverso una costellazione di satelliti orbitanti intorno alla Terra.
Non solo Starlink
La schiera di aziende che hanno dichiarato l’intenzione di mettere in campo progetti simili è piuttosto ampia, e non si limita ovviamente solo a Starlink di Elon Musk. Alcuni sono in fase avanzata di sviluppo, altri allo stato embrionale: Facebook, per esempio, starebbe lavorando al lancio di un satellite chiamato Athena assieme a PointView Tech LLC. L’azienda di Mark Zuckerberg ci aveva già provato senza successo qualche tempo fa con il progetto Aquila, poi abortito, anch’esso con l’obiettivo di portare Internet a banda larga in terreni difficili o aree con basse densità di popolazione grazie però a droni alimentati ad energia solare.
Anche Jeff Bezos e Amazon sono interessati allo spazio: il “loro” è un progetto a lungo termine chiamato Project Kuiper, e si pone l’obiettivo di fornire un servizio internet a banda larga su scala planetaria emettendo il segnale da 3.236 satelliti, grazie un’architettura di nuova concezione in grado di fornire velocità elevate di trasmissione e bassa latenza.
Project Taara è invece quello di Google, al suo ennesimo tentativo dopo il fallimento di Progetto Loon, che prevedeva la messa in orbita a circa 20 chilometri di distanza dalla superficie terrestre di migliaia di palloni aerostatici, e di O3b Networks, basato sui satelliti e realizzato con Liberty Global, Hsbc e il gruppo franco-italiano Thales Alenia Space, finito poi nelle mani della compagnia lussemburghese SES.
Ma la lista delle aziende interessate a fornire connessioni internet satellitari è ampio, e comprende anche OneWeb e Samsung. La prima ha in programma un’opera finanziata dalla giapponese SoftBank, dal produttore di chip Qualcomm e dalla Virgin Group di Richard Branson che prevede la costruzione, con il supporto di Airbus Defence & Space, di una costellazione di circa 600 satelliti LEO, sempre a bassa orbita. La seconda vuole lanciare nell’atmosfera 4.600 satelliti in grado di scambiare fino a 1 Terabyte al secondo, per una capacità totale di 1 miliardo di TB al mese.
Come funziona Internet via satellite
Il funzionamento di Internet attraverso una parabola è molto simile a quello di un sistema terrestre. La differenza è che in questo caso è una costellazione di satelliti geostazionari a svolgere le funzioni di solito compiute dalle dorsali Web per le reti cablate. I satelliti trasmettono infatti il segnale di Rete verso terra sfruttando le microonde nella banda Ka, che viene ricevuto dai Network Operations Center (NOC) attraverso delle enormi antenne paraboliche, e smistato verso i server della Rete, fino alla parabola del ricevente.
In estrema sintesi: il cliente invia la richiesta di accesso ai contenuti Internet al satellite più vicino. Quest’ultimo la “gira” verso il NOC di competenza, che smista tutto verso le dorsali web. A quel punto la risposta al segnale farà il percorso inverso, passando prima per il Network Operations Center, poi per il satellite e infine giungerà di nuovo alla parabola casalinga dell’utente.
Pro e contro
Come ogni servizio, anche questo ha i suoi pro e i suoi contro. Tra i vantaggi c’è sicuramente la possibilità per coloro che vivono in aree del pianeta difficilmente raggiungibili dai servizi tradizionali di fruire, almeno sulla carta, di una copertura internet a gran velocità, e avere l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alle pari opportunità commerciali, attraverso la connettività. Gli svantaggi sono invece da ricercare nella qualità del segnale, nella forte latenza e nei costi dei servizi, al momento alti.
Nonostante i miglioramenti apportati alla tecnologia alla base dell’Internet satellitare, infatti, questa tipologia di connessione porta ancora con sé alcune problematiche di natura tecnica, come una certa sensibilità al “rumore” e ai disturbi ambientali. Ostacoli fisici, sia naturali che artificiali, possono disturbare il segnale e rendere la ricezione satellitare più difficoltosa, mentre gli agenti atmosferici come delle forti piogge o nevicate, possono interferire con il corretto funzionamento della parabola a discapito della qualità della connessione Internet.
C’è poi da tener conto, come accennato prima, dell’alta latenza, dovuta al fatto che un pacchetto dati è costretto a percorrere verso il satellite migliaia di chilometri tra andata e ritorno. Al tempo necessario utile a completare il tragitto va poi aggiunto quello che serve per percorrere – sempre due volte – la distanza che separa il NOC dal server di destinazione.
Per ovviare al problema, come visto, le aziende puntano su costellazioni di satelliti schierati a bassa quota, per cercare di avere in media lag intorno ai 50 ms e throughput a circa 2.1 Gbps, con picchi, vedi Starlink, di 300Mb/s e latenza ridotta a 20ms a pieno regime, ma bisognerà attendere la totale operatività dei servizi e della distribuzione dei satelliti, per avere o meno conferma della bontà di questi dati.
Resta comunque viva, infine, la questione dei costi: oggi per fruire di un servizio Internet via sat, laddove disponibile, occorre spendere una cifra piuttosto considerevole. Nel caso di Starlink, ad esempio, ci vogliono 499€ per l’hardware e 60€ per la sua spedizione. A questi vanno poi aggiunti 99€ di abbonamento mensile e il deposito di una cauzione pari a 99€ al momento della prenotazione. Una somma non certo abbordabile per tutti.