C’è anche Google nella corsa al metaverso lanciata qualche giorno fa da da Mark Zuckerberg e dalla sua nuova società chiamata Meta, che ha preso il posto della vecchia Facebook Inc. Il colosso americano ha infatti annunciato la nascita di un nuovo team chiamato internamente Google Labs (da non confondere con l’omonimo marchio rivolto al consumatore che offre una gamma di prodotti sperimentali), creato nell’ambito di una riorganizzazione che mira a riunire i numerosi progetti innovativi e le scommesse a lungo termine dell’azienda, sotto lo stesso tetto. Tra questi tutti i programmi del suo incubatore interno Area 120 e il progetto di videoconferenza olografico noto come Project Starline, e quelli futuri sul metaverso.
Google “entra” deciso nel metaverso
L’interesse del colosso di Mountain View per intelligenze artificiali evolute, VR e RA a dire il vero non è nuovo, basti pensare a progetti come la Google driverless car, un’automobile controllata totalmente da un computer e, soprattutto, Project Glass, un programma di ricerca che mira a sviluppare occhiali dotati di realtà aumentata: in questo modo un utente potrebbe ricevere le informazioni attualmente disponibili sugli smartphone senza l’utilizzo delle mani, interagendo con Internet attraverso comandi vocali. Ma la decisione di questi giorni imprime una svolta decisa sui progetti futuri dell’azienda nel settore.
Il nuovo gruppo, con la supervisione diretta del CEO di Google Sundar Pichai, sarà guidato dal veterano Clay Bavor, esperto tra l’altro di realtà virtuale e aumentata, che è stato a capo proprio del sopra citato progetto Starline.
Con ogni probabilità per alcuni programmi il team collaborerà con i Google X Labs (oggi più comunemente chiamati Google X o semplicemente “X”), i laboratori di ricerca avanzata gestiti da Alphabet, proprietaria di Google, dove vengono studiati progetti futuristici, tra cui lenti a contatto che monitorano gli occhi, sistemi di intelligenza artificiale neuronale per il riconoscimento visivo e la computer vision, e altro materiale che potrebbe rivelarsi utile per fornire quegli elementi “virtuali” ed “immersivi” necessari per trasformare il web in un mondo tridimensionale, a cui punta il Google Labs.