Dopo aver attaccato le istituzioni spagnole, i primi arresti in Spagna. Dopo aver attaccato le istituzioni turche, i primi arresti in Turchia. Ed ora gli Anonymous sembrano molto meno anonimi, poiché dalla maschera sono passati nelle ultime ore dietro le sbarre in trentadue.
La conferma è giunta dalla polizia turca. Nel paese l’azione degli Anonymous era stata portata avanti come segno di protesta per i filtri censori imposti dal Governo alla Rete in una nazione che si professa libera e che ambisce all’approdo nell’Unione Europea. La protesta ha preso piede su vasta scala ed ha trovato negli Anonymous il braccio armato digitale che intendeva portare la sommossa sul Web con azioni dimostrative a colpi di DDoS.
Qualcosa però non ha funzionato. Secondo l’analisi Sophos il gruppo avrebbe utilizzato strumenti di attacco di bassa qualità e le tracce dei responsabili sarebbero così state identificate dalle autorità che hanno in seguito proceduto al fermo.
Gli Anonymous si professano però un gruppo distribuito, senza gerarchie né interdipendenze tra i membri: questa caratteristica dovrebbe consentire pertanto al gruppo di proseguire la propria attività perseguendo l’ideale di libertà sbandierato. Il fermo di decine di attivisti sembra al tempo stesso poter fungere da atto simbolico per scoraggiarne molti altri, indebolendo così la controparte in un braccio di ferro che dura ormai da mesi e che ha vissuto l’apice della notorietà con le accuse di coinvolgimento (negate dal gruppo) nel crack al PlayStation Network.