3Dfx e Voodoo, nuova era grafica

3Dfx e Voodoo, nuova era grafica

Siamo nel 1994, quando Ross Smith, Gary Tarolli e Scott Sellers (di scuola SGI) insieme a Gordie Campbell fondano 3Dfx.

La nuova fabbrica, da subito nell’orbita della elaborazione grafica, alla fine del ’95 si mette in mostra al grande pubblico dell’home computer con la presentazione la propria prima scheda di elaborazione grafica 3D: il Voodoo Graphic.

In questo periodo, era la CPU a farsi carico del rendering delle scene dei videogiochi, mentre ora con il nuovo Voodoo, la musica cambiava, con il nuovo chip SST-1 dotato di core a 50 Mhz, RAM a 50 Mhz, e un’unità di texturing TMU (Texture Management unit).

Dotata di ben 4 MB di EDO DRAM onboard (2 MB frame buffer memory e 2 MB texture memory) la scheda, alloggiata su bus PCI, veniva affiancata ad una scheda principale cui veniva demandato il compito di elaborare il 2D, e permetteva di giocare fino ad 800×600 pixel a 16 bit.

Compatibile con le maggiori API in voga, Direct X e OpenGL, poteva contare anche su un set proprietario chiamato Glide.

La concorrenza con cui dovette scontrarsi annoverava nomi come Power VR, Rendition, Matrox, S3, ATI, le quali offrivano prestazioni indubbiamente al di sotto dell’hardware 3Dfx, ma con dalla loro una semplicità dovuta all’integrazione in un’unica scheda della componente 2D e 3D.

Questo fino al 1996, quando in collaborazione con Hercules, presenta Voodoo Rush, in cui integra anch’essa un acceleratore 2D (prodotto da terzi).

Siamo nel 1997 e 3Dfx presenta al mercato il suo nuovo nato: Voodoo 2.

Dotato del chip SST-2, come architettura era simile al precedente, ma integrava una seconda unità TMU, dando ora modo di disegnare due texture in un solo passaggio. Inoltre aumentava la RAM a 12 MB in totale (8 MB per una versione più economica), e portava la massima risoluzione giocabile a 1024×768 a 16 bit.

La novità più importante fu l’implementazione dello SLI (Scan-line Interleave, differente dall’odierno Scalable Link Interface di NVIDIA). In SLI mode, due o più schede Voodoo 2 venivano collegate in cascata al fine di moltiplicare le prestazioni ottenibili. Si trattava di un’applicazione del parrallel processing nella computer grafica d’ambito domestico.

Lo step successivo fu quello di presentare un unico chip (prodotto dalla stessa 3Dfx) capace di accelerazione 2D e 3D: nasce così Voodoo Banshee.

Questa scheda, presentata nel 1998, integra ben 16 MB EDO DRAM a 110 Mhz, interfaccia AGP 1x, e risoluzione grafica 2D fino a 1920×1440 a 16 milioni di colori, viene proposta come soluzione “all-in-one” ad un prezzo inferiore al Voodoo 2, integrando uno solo dei chip TMU, ma potendo contare su un clock maggiore, riuscendo in alcuni ambiti ad offrire prestazioni superiori.

Da questo punto in poi, però, la vita di 3Dfx diviene difficile. E questo a causa della concorrenza di una certa nVidia che, prima con le sue Riva TNT e riva TNT 2, poi con l’introduzione della serie GeForce, riesce a surclassare poco per volta la tecnologia 3Dfx, che dal canto suo operò scelte infelici in campo sia di sviluppo quanto di marketing.

Nemmeno le ultime evoluzioni Voodoo basate sul chip VSA-100 (VooDoo Scalable Architecture), con possibilità di integrare fino a 4 chip (ognuno dotato di 32 MB di memoria) su singola scheda, e dotate di numerosi effetti utilizzabili in hardware, riuscirono a battere la concorrente, forte del suo Transform & Lightning in hardware, e del bus memoria a 32 bit.

La storia di 3Dfx si conclude alla fine del 2000, quando fu acquisita dalla rivale nVidia, chiudendo così il primo capitolo sulla nascita della grafica 3D in ambito domestico.

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