4 italiani su 10: è questo il peso del digital divide culturale in Italia. È questa, in particolare, la dimensione dell’Italia che non è mai stata online, che non ha mai respirato la Rete, che non ha mai digitato un “http://”, che non ha mai visto Facebook, che non ha mai cercato su Google. Il 39% degli italiani, insomma, in vita sua non ha mai avuto accesso ad Internet: lo dicono i dati Eurostat, mettendo il nostro paese in coda allo specifico ranking europeo.
Del resto se 39 italiani su 100 non hanno mai navigato, ce n’è una fetta ulteriore (non quantificabile) che la Rete l’ha assaggiata in modo estremamente sporadico e che quindi non può certo dirsi avvezza allo strumento. Peggio dell’Italia in Europa vi sono soltanto Romania (51%), Portogallo (41%), Cipro (41%), Grecia (45%) e Bulgaria (46%). In Svezia la percentuale è di appena il 5%, in Danimarca e Olanda del 7%. 16% in Germania, 18% in Francia: la cifra del differenziale italiano è tutta in questi numeri, estremamente pesanti ed estremamente significativi.
E se sono in molti a non aver mai avuto accesso alla Rete, i numeri dell’azione concreta online sono ancor più penalizzanti: i dati relativi alle comunicazioni con la Pubblica Amministrazione o concernenti l’attività di acquisto online sono ancora una volta tra i peggiori a livello comunitario, francobollando l’Italia come uno dei paesi che meno degli altri è in grado di cogliere le opportunità emergenti.
L’accesso al Web è passato dal 40% del 2006 al 61% del 2007, ma si tratta di un dato ancora estremamente penalizzante, ancor più se si valuta la porzione di italiani ancora priva di accesso a banda larga (cresciuta in 5 anni dal 16% al 52%, ma ancora in forte ritardo rispetto alla media UE).
Un problema infrastrutturale che va a braccetto con un problema culturale, quindi: un’eredità del passato che grava pesantemente sul PIL e sul futuro del paese.