Sarebbero 6000 i siti oscurati in Italia per motivi vari. Il numero è stato riferito da Alessandro Longo, secondo cui 900 sarebbero i fermi per pedopornografia, 2500 per gambling non autorizzato e d il resto «per reati di contraffazione, violazione del diritto d’autore, persino (raramente) diffamazione». Il numero è significativo, ma per 493 siti c’è ancora una speranza rappresentata da un ricorso in appello presentato nella giornata di ieri presso il Tribunale di Padova.
Il ricorso è stato co-firmato da AIIP ed Assoprovider ed è relativo al sequestro dei domini facenti riferimento al nome “Moncler“: il gruppo ne ha chiesto il sequestro preventivo a seguito di violazioni non meglio precisate, in quanto riferite alla vendita di prodotti contraffatti che in molti casi non era invece verificata sulle pagine relative. Il ricorso in appello chiede che la misura del sequestro preventivo possa essere annullata e che si proceda a puntuali verifiche prima di portare offline un sito Web di qualsivoglia natura.
Secondo quanto spiegato dal legale Fulvio Sarzana «Tra i nomi di dominio e i siti sequestrati però ve ne erano molti inesistenti, altri erano dichiaratamente siti di fans della nota casa di moda (come i siti www.monclerfans.com o ilovemoncler.com) di nessuno dei siti era stato controllata, secondo la difesa dei provider, l’effettiva vendita di beni contraffatti. Il decreto di sequestro era poi stato notificato ai provider italiani, che non avevano alcuna relazione con i nomi di dominio o i siti, perché inibissero ai cittadini italiani l’accesso a tali risorse, senza indicare peraltro, secondo la difesa, le modalità tecniche di tale oscuramento e creando il pericolo che l’accesso a centinaia di siti esteri, che nulla avevano a che vedere con i siti sequestrati, fossero inibiti ai cittadini italiani».
I provider, da tempo pronti a chiedere di non dover diventare gli sceriffi della Rete e strumento delle ingiunzioni censorie delle autorità, sperano quantomeno di ottenere un approccio più morbido al problema, evitando sequestri preventivi che rischiano di identificare misure ostruzionistiche eccessive e non proporzionate alla reale entità del problema.
Il Tribunale starebbe ora vagliando la richiesta delle due associazioni e la sentenza sarà inevitabilmente importante: darà una impronta al modo in cui la giurisprudenza italiana agisce sulle violazioni riscontrate online, misurando così la temperatura delle tentazioni censorie nei confronti dei contenuti e delle iniziative pubblicati in Rete.