Google lo ha annunciato ufficialmente: all’asta per lo spettro dei 700Mhz parteciperà anche il colosso di Mountain View con in mano il suo sostanzioso quantitativo di danaro cash accumulato grazie all’attività portata avanti nel mondo della pubblicità e della ricerca online. Google ha annunciato il proprio impegno in un comunicato datato 30 novembre, ovvero ampiamente in tempo rispetto al 3 dicembre (termine ultimo fissato dalla Federal Communications Commission per la presentazione delle candidature – la lista delle quali sarà presumibilmente resa nota solo nei prossimi giorni).
Eric Schmidt, Chief Executive di Google, spiega la scelta indicando in questa direzione un percorso obbligato dettato dai principi che sorreggono l’attività del gruppo stesso. Oggetto del contendere, soprattutto, il cosiddetto “blocco C”, la porzione di frequenze ampia 22Mhz che Google si giocherà presumibilmente con Verizon e AT&T (in ballo il range 698/806MHz diviso in 5 blocchi diversificati). Una precisazione puntualizza il fatto che Google si presenta da sola all’asta, senza partnership specifiche e forte solo delle promesse che il gruppo ha lanciato sul mercato sotto l’appellativo di Android. La base d’asta è fissata in 4.6 miliardi di dollari, ma si attendono cospicui rialzi. Secondo una stima Citigroup il costo legato all’edificazione di una rete statunitense basata sulle frequenze in ballo porterebbe all’assegnatario un peso ulteriore da 5/7.5 miliardi di dollari. Secondo una stima ulteriore Google potrebbe decidere di costruire una rete propria spendendo qualcosa come 12 miliardi di dollari entro 3 anni circa.
Entro il 28 dicembre i candidati all’ottenimento delle frequenze dovranno effettuare un primo deposito a garanzia del proprio impegno. Entro il 24 gennaio l’offerta verrà formalizzata. Entro marzo il processo troverà conclusione con l’assegnazione delle frequenze, dalle quali ci si attende che il mondo mobile possa subire un forte processo di accelerazione offrendo ai dispositivi portatili un canale privilegiato di comunicazione che Google intende sicuramente portare ben oltre la sola comunicazione telefonica.
La decisione del management Google non è del tutto chiara in prospettiva in quanto per il gruppo trattasi della prima esperienza del genere e la scommessa in ballo non è da poco (sia pur se da commisurare ad una azienda in grado di performare oltre 15 miliardi di introito annuo). Secondo alcune interpretazioni, quella di Google potrebbe solo essere una azione ostruzionistica volta a creare un contesto competitivo migliore nel quale le applicazioni di Mountain View possano comunque trovare spazio qualunque sia il polo che andrà ad aggiudicarsi la vittoria finale (nel nome di una garantita net neutrality). Da questo punto di vista la presenza di Google è dunque già una vittoria di per sé, vittoria che il gruppo gira però agli utenti i quali sono visti come i maggiori beneficiari delle regole che scaturiranno dal nuovo quadro in via di formazione. Parallelamente c’è chi promuove la scommessa di “Big G” vedendo nel mobile un modo per aumentare gli introiti pubblicitari da una parte ed un modo per diversificare le entrate dall’altra.