Dopo le dichiarazioni di Netflix, anche Disney potrebbe decidere di lasciare la Georgia, in segno di protesta per le recenti e restrittive leggi approvate in materia di aborto. È quanto rende noto Bob Iger, CEO del gruppo d’intrattenimento, nel sottolineare come per l’azienda potrebbe essere “davvero difficile” continuare a operare nello stato a stelle e strisce in presenza di norme così limitanti.
Come già spiegato nella giornata di ieri, Netflix sta pensando di abbandonare la Georgia come suo hub produttivo. Lo stato è infatti noto nell’ambiente cinematografico e televisivo per essere una “piccola Hollywood”, data la presenza di numerosi studi, set e strutture adatte per la realizzazione di materiale audiovisivo. In un recente intervento, Ted Sarandos ha reso noti i dubbi del colosso dello streaming in merito alle nuove leggi approvate sul tema dell’aborto, delle norme tanto restrittive da poter mettere a rischio i diritti delle dipendenti del gruppo. Per questa ragione, se le limitazioni dovessero entrare effettivamente in vigore, Netflix potrebbe ritirare i suoi investimenti nello stato a stelle e strisce.
Dello stesso parere è anche Bob Iger di Disney, il quale ha espresso grande preoccupazione per il destino di numerose dipendenti e collaboratrici in Georgia. In un’intervista per Reuters, Iger ha spiegato le proprie motivazione:
Credo che non continueremo a lavorare in Georgia. Credo che molti nostri collaboratori non vogliano lavorare in quello stato, dovremo prestare attenzione alle loro richieste su questo fronte.
Non è però tutto, poiché oltre al colosso dello streaming e all’azienda leader nell’intrattenimento per famiglie, anche diversi altri produttori hanno espresso pareri analoghi, come NBCUniversal, HBO, CNN e molti altri.
La Georgia è in grado di attirare, grazie alle sue strutture di produzione, circa 2.7 miliardi di dollari l’anno in investimenti, pari a 92.000 posti di lavoro. Lo stato ha di recente approvato una misura che vieta l’aborto quando il battito cardiaco del feto è rilevabile dalla strumentazione diagnostica, ovvero a circa sei settimane dall’inizio della gravidanza.