Parlando di smart city non ci si può riferire esclusivamente a centri abitati predisposti con infrastrutture dedicate ai servizi hi-tech, pensati per supportare il concetto di mobilità sostenibile o iperconnessi. Anche il rispetto e la tutela dell’ambiente, così come la cura della salute di chi li abita, devono per forza di cose costituire pilastri sui quali fondare le nuove città. Il progetto Aclima, presentato oggi in seguito ad anni di test condotti in gran segreto, si inserisce alla perfezione in quest’ottica.
La startup ha progettato sensori smart per monitorare la qualità dell’aria, caratterizzati da dimensioni compatte e in grado di inviare informazioni in tempo reale ad un server remoto. Questo, dopo averle immagazzinate, le può elaborare per verificare come cambiano nel tempo ad esempio la presenza di microparticolato o gas serra. Studiando i dati è possibile scovare un legame tangibile e dimostrabile in modo empirico tra la presenza di materiale inquinante negli ambienti e alcune patologie che colpiscono l’apparato respiratorio, in particolare i polmoni. La prima fase di sperimentazione è stata condotta con oltre 500 device all’interno di 21 uffici Google sparsi tra il nord America e l’Europa, per diversi anni.
Il nesso tra ambienti poco salubri e malattie come l’asma sarà studiato da Aclima in partnership con la Environmental Protection Agency e con un team del Lawrence Berkeley National Laboratory. In futuro (al momento non è dato a sapere quando) i sensori verranno commercializzati, così da estendere il raggio d’azione della ricerca e poter contare su un numero ancora maggiore di dati raccolti. Va precisato che i dispositivi, più che ad un utilizzo domestico, sono pensati per essere impiegati all’interno delle grandi aziende. Dal punto di vista tecnico, sono basati sulla piattaforma Arduino e possono comunicare in modalità wireless con un’applicazione installata su smartphone. Questa, a sua volta, dopo aver immagazzinato le informazioni, le può trasferire su un server remoto.