ACTA bocciata dal Garante Europeo per la privacy

Il Garante Europeo per la privacy ritiene che l'ACTA non rispetti la libertà e la privacy dei cittadini su Internet.
ACTA bocciata dal Garante Europeo per la privacy
Il Garante Europeo per la privacy ritiene che l'ACTA non rispetti la libertà e la privacy dei cittadini su Internet.

Dopo mesi di discussioni, l’accordo internazionale anti-contraffazione, noto come ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), è stato praticamente bloccato dal Garante Europeo per la privacy (EDPS). In particolare, il trattato per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale non rispetterebbe la privacy dei cittadini.

L’ACTA è un accordo sottoscritto dai membri dell’Unione Europea e da altri paesi, tra cui Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone e Svizzera, con l’obiettivo di adottare misure comuni per proteggere le proprietà intellettuali, attraverso una cooperazione internazionale. Per poter entrare in vigore, il trattato deve essere approvato all’unanimità dalla Commissione Europea e ratificato dal Parlamento Europeo. Dopo la mancata firma di 5 paesi (Polonia, Cipro, Estonia, Olanda, Slovacchia e Germania), è arrivato ora il parere negativo dell’EDPS (European Data Protection Supervisor).

Il Garante Europeo per la privacy ritiene che l’eventuale introduzione dell’ACTA darebbe il via ad un monitoraggio di massa delle attività degli utenti su Internet, un’attività contraria ai diritti fondamentali dei cittadini, protetti dalla Convenzione dei diritti dell’uomo, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla direttiva sulla privacy.

La tutela delle proprietà intellettuali verrebbe messa in atto a spese della privacy dei cittadini e della loro libertà. L’ACTA, infatti, prevede l’identificazione delle persone sospettate di violare le proprietà intellettuali su Internet e ciò comporta l’obbligo per i service provider di fornire i dati personali degli utenti. Il Garante Europeo boccia quindi l’accordo, in quanto non garantisce la riservatezza delle comunicazioni elettroniche dei cittadini e soprattutto perché sembra attribuire ad un’autorità competente (non giudiziaria) il potere di richiedere agli ISP i nomi degli utenti sospettati di pirateria.

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