Sull’ACTA la parola passa alla Corte di Giustizia Europea. L’ipotesi, precedentemente paventata già da Viviane Reding, è stata confermata da Karel de Gucht, commissario europeo per il commercio, il quale scarica così sulla CURIA la responsabilità maggiore per le scelte che l’Unione Europea andrà ad assumere nei mesi a venire.
La Corte di Giustizia Europea non avrà l’ultima parola sul caso, ma il suo parere sarà probabilmente vincolante. L’UE dovrà infatti votare l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA) presso il Parlamento Europeo, ma in quella sede il documento giungerà corredato del parere che le autorità europee hanno chiesto alla Corte di Giustizia per dirimere una questione che rischia altrimenti di farsi eccessivamente complessa per una valutazione politica e di opportunità.
Karel De Gucht non nega le proprie personali preoccupazioni per quel che l’ACTA possa potenzialmente rappresentare, ma non intende andare oltre: la richiesta di un giudizio alla Corte di Giustizia è cosa necessaria per capire fino a che punto l’ACTA possa apportare benefici al mercato pur salvaguardando i diritti e la libertà dell’utenza. Il dibattito sul tema è caldo da tempo e De Gucht chiede che si possa però ora cambiare registro: la disinformazione recepita nelle ultime settimane non aiuta ad una riflessione serena, mentre «il dibattito deve essere improntato sui fatti».
Una volta ricevuta l’opinione della CURIA, il Parlamento Europeo potrà esprimersi sul documento con le spalle coperte: se ci sarà il via libera della Corte, il Parlamento potrà dare il proprio assenso forte di un parere autorevole; se la Corte non darà il via libera, il Parlamento potrà giustificare con i propri partner la scelta intrapresa (le pressioni vengono portate avanti soprattutto da Stati Uniti e Giappone, i due gruppi proponenti).