Il recente Mac App Store ha raggiunto un successo inaspettato anche per Cupertino, tanto che Pixelmator, in soli 20 giorni, è riuscito a intascare ben 1 milione di dollari. Gli obiettivi raggiunti dal negozio virtuale hanno spinto Apple verso una decisione drastica: l’eliminazione dei software in scatola venduti tramite i normali canali di distribuzione.
Apple è ben nota per la cura dei propri packaging, tanto che semplici confezioni di suite come iLife, o lo stesso sistema operativo Mac OS X, sono sempre sembrate opere d’arte in miniatura. Un box rigorosamente di cartone bianco, pochi elementi grafici a disturbo della vista, piccoli manuali d’istruzione ridotti all’osso e coppia di adesivi con la mela morsicata: questo lo stile a cui Cupertino ha abituato i propri clienti.
Presto, però, l’eleganza di queste confezioni sarà solo un lontano ricordo: a quanto trapelato, Apple vorrebbe spingere sull’acquisto esclusivo online. Le motivazioni non sono state dichiarate ufficialmente, ma è facile intuire come una simile mossa potrà drasticamente ridurre i costi di produzione. Meno probabile, seppur conseguenza diretta, che l’eliminazione dei box di cartone risponda a precise logiche green.
Una piccola anticipazione di un imminente, seppur indefinito, cambiamento l’aveva lasciata intuire il lancio di Aperture su Mac App Store. Il software, infatti, su questa piattaforma di distribuzione costa solo 62,99 euro, contro i 199 in negozio. Una simile differenza non giustifica le tariffe del packaging bensì un intento puramente promozionale, ma ben sottolinea l’orientamento intrapreso da Cupertino.
In definitiva, l’abbandono della distribuzione classica sembra favorire non solo l’azienda, ma anche il cliente che si ritrova prezzi più bassi e sicuramente più appetibili. A perderci saranno principalmente i collezionisti, anche se emerge con prepotenza un dubbio non da poco: come procurare un software Apple in assenza di connettività alla Rete?