Anche la Rete omaggia doverosamente Mario Monicelli, scomparso ieri sera dopo una malattia inesorabile che l’ha convinto a farla finita. Un epilogo sconcertante, che però non sorprende chi lo conosceva bene: toscanaccio burbero e orgoglioso, il geniale regista era un uomo libero, incapace di sottostare a chiunque o qualunque cosa.
I social network stanno ricordando in queste ore, con pagine e condivisioni, le opere del regista viareggino. Basta fare una piccola ricerca sui post di Facebook per renderci conto come quest’uomo di 95 anni era molto vicino alle nuove generazioni.
L’aveva dimostrato rivolgendosi poche settimane fa agli studenti, preoccupato per i tagli alla scuola in un paese che considerava “una penisola alla deriva”. L’ultimo suo lavoro è stato un corto, intitolato “La nuova armata Brancaleone“, girato per contestare i tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo.
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Naturalmente il social più adatto per uno come lui, e il più saccheggiato in questi frangenti, è YouTube, dove non si contano le parti di film (ne ha girati una sessantina) che sono state caricate. Oltre ai film, anche le interviste, dalle più recenti a quelle di un passato che ci restituiscono tutta la sua verve.
I messaggi più brevi, su Twitter e gli altri social mostrano invece tutto l’affetto per quest’uomo, così schivo da risultare simpatico contro la sua volontà.
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La rete si scatena anche nel citare i suoi titoli: c’è chi adora il Monicelli in bianco e nero de “I soliti ignoti” e “Le infedeli”, chi fischietta il motivetto dell'”Armata Brancaleone”, chi inserisce nei suoi commenti, anche nei forum dei giornali online, l’ineffabile supercazzola di Tognazzi in “Amici miei”.
Nei commenti, non manca chi condanna la fotografia del corpo del regista sotto il lenzuolo, chiedendone la rimozione. Per rispetto di un gesto tragico ma degno.
Di certo Monicelli resterà indimenticabile per le sue figure di perdenti che assommavano tutti i vizi degli italiani ma allo stesso tempo esaltavano la nostra qualità più grande: il riscatto, il colpo d’ala di un popolo sul quale lui non ha mai smesso di riflettere con tenera cattiveria.
Da questo punto di vista, la morale di tutte le morali dei suoi film è il finale di “La Grande Guerra”: Gassman e Sordi, i suoi attori preferiti, al loro meglio e un finale iscritto per sempre nella storia del cinema.
Ora anche il Web concede i suoi funerali a un grande della cultura italiana, senza tempo, senza età.
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