Una petizione ed una raccolta di firme, il tutto per chiedere la dovuta attenzione ad un problema spesso sottovalutato: l’equa distribuzione di un servizio di comunicazione quale l’ADSL. La meritevole iniziativa (priva di formalismi e forse poco cosciente dell’importanza della battaglia impugnata) nasce sotto il nome dell’Anti Digital Divide Group, in data odierna è Punto Informatico a promuoverne i primi passi, e costituisce l’unica vera iniziativa non locale in favore delle piccole realtà tagliate fuori dalla programmazione Telecom di supporto alla cosiddetta “larga banda”.
La riflessione che fa da sostrato alla petizione si concentra sulla necessità di una politica governativa di intervento volta a garantire un’equo accesso al web da parte di tutta la popolazione dello stivale italiano. Nell’Italia dei campanili, la cui popolazione è in larga parte distribuita nei piccoli paesi di provincia, è proprio la periferia ad essere dimenticata e l’accesso ai canali a banda larga è notoriamente garantito in genere solo nei comuni maggiori.
La petizione cita testualmente: «Fonti governative prevedono che entro il 2006 resterà scoperto ancora il 10% […] Paesi come il Belgio hanno una copertura per la fibra ottica pari al 100% della popolazione e al 95% per quanto riguarda le offerte ADSL. La Francia punta alla copertura del 98% entro il 2006 e il governo ha fortemente incentivato la copertura». In un momento così strategico dell’evoluzione della Rete, non poter godere di un canale di accesso paritario (impossibile paragonare i sistemi xDSL con il farraginoso 56k) significa perdere fortemente in competitività, significa perdere importanti opportunità, significa subire costi sociali importanti soprattutto in ottica futura.
La richiesta avanzata è esplicita: «La nostra iniziativa è quella di chiedere al Governo italiano di intervenire per risolvere entro breve, non più di 2 anni, il problema del digital divide nel nostro paese. In particolare ipotizziamo da un lato incentivi per quelle società che investiranno in copertura e dall’altro in una modifica nella legislazione riguardo alle offerte wireless […]». Poco spazio è invece lasciato alla proposta alternativa del ministro Gasparri, il quale promuove l’opzione satellitare quale miglior palliativo al problema: costi e prestazioni negano il fatto che il satellite costituisca una valida alternativa al cablaggio del territorio.
Quest’ultimo punto costituisce un ulteriore importante ramo del dibattito: una chiara (e maggiormente aperta) legge in tema wireless potrebbe infatti costituire un importante tassello sulla via dell’estensione del famoso “ultimo miglio” anche alle zone ove la fornitura della banda larga dovesse presentare costi oltremodo cospicui. Un vincolo legislativo è quantomai inaccettabile, dunque, se posto innanzi ad una problematica risolvibile con un piano di intervento maggiormente accorto: «La connettività senza fili […] permetterebbe di risolvere il problema in breve tempo anche nelle zone rurali».
E’ lo stesso Anti Digital Divide Group ad ammettere l’inutilità pratica della petizione, ma ne viene tuttavia sottolineata l’importanza simbolica all’interno della battaglia comune di quell’italietta di provincia (da sempre risorsa imprescindibile del paese) che rivendica il proprio ruolo: in un’epoca ove l’accesso alla comunicazione rappresenta un elemento indispensabile ed imprescindibile dello sviluppo di un territorio, il 56k diventa un vincolo troppo limitante, tanto per i privati quanto più per le aziende.