Ha ancora senso segmentare il proprio target potenziale secondo i parametri socio-demografici classici? In quali condizioni e quanto è redditizio fare advertising come lo si è fatto finora? Sono alcune delle domande affrontate durante l’ultimo Festival dell’Economia di Trento, nell’incontro “Identità fa rima con pubblicità?”, curato dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Trento.
Tra i relatori Paolo Iabichino, che, come direttore creativo di Ogilvyone e OgilvyAction Italia, si occupa per professione di studiare nuovi modi per far “interagire consumatori e imprese” e per costruire “brand experiences”. L’obiettivo è sempre quello di sviluppare programmi di marketing in grado di “influire sul comportamento d’acquisto”; a cambiare, rispetto ai presupposti e alla prassi dell’advertising tradizionale, sono le strategie di costruzione e indirizzamento del messaggio, con il conseguente coinvolgimento del “prosumer” (consumatore/produttore).
Nel video promo dell’incontro, caricato su YouTube dal relatore Luca Cattoi, le novità di cui tener conto vengono raccolte sotto il termine “invertising“: con il capovolgimento della “s”, la parola diventa un logo con la specifica del “marchio registrato”.
Il termine “invertising” però, in sé, non è una novità. È stato utilizzato (anche se relativamente poco) da qualche anno, per indicare la costruzione di ads capaci di farsi “adottare” dal consumatore. La sfida consiste nel costruire messaggi e proposte crossmediali coinvolgenti, capaci di sollecitare condivisione, partecipazione e interazione tra aziende e clienti (nel mondo anglosassone sono stati fatti rientrare nell’invertising soluzioni di “adver-movies”, “adver-games”, “adver-tainment” e così via).
Nell’invertising così concepito sono essenziali le possibilità interattive del Web2.0. Tutto ciò è sostanzialmente confermato e inglobato in un quadro più ampio dalla proposta di Iabichino e colleghi, che individuano il senso del passaggio tra Advertising e Invertising nelle seguenti transizioni: si passa da Commercial a Content, da Communication a Conversation, da Push a Pull, da Monologue a Dialogue, da Consumer a User, da Impactful a Useful, da Execution a Experience, da Contact a Connect, da Promotion a Education, da Global a Social, da Aesthetics a Ethics, da Ability a Responsibility, da Shopping a Sharing, da Persuasion a Permission.
Questo tentativo di mettere ordine è comprensibile perché viviamo in un’epoca segnata dal ricorrente bisogno di rivedere modelli e pratiche della comunicazione, in ogni ambito. Com’è noto, i modelli devono necessariamente semplificare. In questo caso, si tratta di una semplificazione riuscita e “utile” per chi è impegnato creativamente nel Web marketing?