Colpo di scena per Google nella vicenda legata all’utilizzo dei marchi di fabbrica come keyword per l’advertising. Dopo aver vinto una prima sessione in tribunale, il famoso motore di ricerca ha da poco perso in appello e dovrà dunque affrontare una nuova causa legale sui trademark utilizzati nel suo servizio AdWords per gli annunci pubblicitari online. La decisione giunge da una Corte d’Appello statunitense, che ha di fatto riportato la vicenda indietro di oltre due anni.
Nel corso del 2004, la società Rescuecom aveva citato in giudizio Google per la politica adottata nel suo sistema per l’advertising. AdWords consente, infatti, agli inserzionisti di selezionare un certo numero di parole chiave per il posizionamento dei loro annunci nelle pagine dei risultati del famoso motore di ricerca. Oltre alle parole di uso comune, il sistema permette anche l’utilizzo dei marchi e dei nomi dei prodotti delle società, una opzione che consente all’inserzionista di far comparire il proprio annuncio anche in una pagina dei risultati legati una azienda o un prodotto concorrente.
All’epoca, Rescuecom aveva contestato a Google il funzionamento di AdWords, sostenendo che il sistema consentiva di fatto la comparsa di annunci pubblicitari della concorrenza anche nelle pagine dei risultati dedicate al suo marchio. La società specializzata in riparazioni e servizi per l’IT aveva così deciso di citare il colosso delle ricerche per violazione del suo marchio di fabbrica. Nel corso del 2006, il caso fu però dismesso dai magistrati prima del processo vero e proprio a causa di un precedente analogo tra due altre società contendenti. Rescuecom non si diede per vinta e decise di ricorrere in appello.
A distanza di un paio di anni, il caso torna ora nuovamente di attualità grazie alla nuova decisione della Corte d’Appello [pdf]. Secondo i giudici, la prima sentenza era stata formulata seguendo una errata interpretazione del precedente giuridico, che non poteva essere equiparato alle istanze presentate da Rescuecom nei confronti di Google e del suo AdWords. Secondo la Corte, la società di Mountain View avrebbe utilizzato senza le dovute autorizzazioni i marchi di fabbrica, e non solo “dietro le quinte” per il settaggio delle campagne pubblicitarie e per la gestione degli algoritmi del sistema come sostenuto dalla difesa di Google.
La decisione della Corte implica al momento una parziale sconfitta per il famoso motore di ricerca, che avrà comunque ancora ampio spazio di manovra per difendere le proprie posizioni nel corso del processo. I termini di servizio di AdWords potrebbero costituire un valido asso nella manica per la società di Mountain View: il contratto specifica chiaramente che i soli inserzionisti sono responsabili per le keyword utilizzate per creare le loro campagne pubblicitarie sulle pagina dei risultati di Google. Rescuecom avrà, invece, il non semplice compito di dimostrare in maniera chiara e convincente l’avvenuta violazione del suo marchio di fabbrica, il fulcro del suo intero impianto accusatorio nei confronti di Google.