Volontariamente o meno, provocatoriamente o meno, l’AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato) ha anticipato l’AGCOM (Autorità Garante per le Comunicazioni) nel praticare quello che è un provvedimento amministrativo posto in essere in sostituzione dell’autorità giudiziaria. Avviene tutto in relazione al caso Private Outlet, il sito di e-commerce a cui sono stati posti i sigilli passando attraverso l’oscuramento in Italia di tutti i domini facenti capo al sito.
Come sottolinea l’avv. Fulvio Sarzana, trattasi di un caso senza precedenti nel nostro paese, determinando un precedente che andrà ora affrontato con solerzia poiché buttato improvvisamente nella mischia proprio nel bel mezzo di un serrato dibattito attorno alle funzioni delle authority in casi omologhi basati sul problema della pirateria.
Spiega l’avv. Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito: «Un’altra Autorità amministrativa indipendente ovvero l’Antitrust, (e non l’AGCOM che ha rivendicato a sé tale compito per il tema del copyright) per la prima volta in Italia decide di imporre autonomamente a 218 provider italiani l’inibizione all’accesso per i propri utenti in relazione ad alcuni portali di vendita di prodotti outlet residenti all’estero. La novità consiste nello strumento utilizzato, ovvero il blocco agli utenti italiani attraverso i provider, che non sono stati peraltro oggetto di alcuna comunicazione precedente da parte dell’Autorità, e nei motivi che hanno dato luogo all’inibizione».
Il problema in questo caso non è nel merito dell’eventuale colpevolezza o meno del sito nel mirino AGCM, quanto piuttosto nell’autorità stessa: può l’AGCM ordinare quello che si prefigura come una sorta di sequestro preventivo, senza passare per alcuna decisione della magistratura circa l’effettivo riscontro del reato? Continua Sarzana nella propria disamina dell’accaduto:
1) la competenza ad emettere provvedimenti cautelari inibitori nei confronti di soggetti terzi ad oggi è stata sempre esercitata dalla magistratura ordinaria, alla quale, peraltro, ci si può rivolgere, come nel caso accennato in precedenza, per rivedere i presupposti di legittimità della misura.
2) L’Antitrust ha disposto, senza la partecipazione procedimentale dei soggetti obbligati ad adottare la misura cautelare, ciò che appare essere a tutti gli effetti un sequestro preventivo in via amministrativa.
All’AGCOM è stato contestato un regolamento nel quale l’Authority raccoglie su di sé la responsabilità di agire da “vigile” della Rete agendo con rapidità per la chiusura di eventuali siti in violazione con le leggi sul copyright. Tanto l’Authority quanto un parere firmato dall’ex-presidente della Consulta Valerio Onida hanno però precisato come soltanto la sistematicità di un reato e soltanto il riscontro da parte delle autorità possano prefigurare un intervento. Il ricorso alla magistratura appare pertanto un passo obbligato, cosa che però l’AGCM sembra in questo caso aver in qualche modo ignorato agendo direttamente di propria sponte, peraltro senza avvisare in anticipo i provider e generando così una certa confusione circa l’effettivo riscontro o meno del sequestro dei domini in atto.
L’intervento dell’AGCM, insomma, sembra essere in qualche modo interessato, espressione di una precisa volontà di principio: attribuire alle Authority maggior potere, così da aggirare la lentezza procedurale grazie alla quale le violazioni online spesso riescono a sopravvivere nel tempo. Un occhiolino all’AGCOM, insomma, in vista della ridiscussione del regolamento che potrebbe cambiare le carte in tavola sulle questioni della pirateria online.
Il caso Private Outlet, insomma, sembra andare oltre la semplice situazione prefigurata dall’AGCM: in ballo c’è una redistribuzione dei poteri che vede la Rete al centro delle attenzioni.