«Nella sua seduta odierna, il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, presieduto da Corrado Calabrò, ha approvato la delibera con cui si dà avvio alla consultazione pubblica nazionale sulle tariffe che saranno in vigore nel periodo 1 maggio 2010 – 31 dicembre 2012, con riferimento ai servizi di unbundling, bitstream e wholesale line rental». La comunicazione è datata 16 Aprile ed è stata pubblicata sul sito AGCOM per ufficializzare l’inizio di una trattativa che, ancora una volta, si preannuncia polemica.
Le tariffe a cui fa riferimento l’AGCOM sono il prezzo concordato a cui l’incumbent Telecom Italia (azienda privata avente in mano un bene nazionale quale l’infrastruttura di rete per le comunicazioni) cede l’uso della rete stessa ai propri concorrenti. In parole povere, è il prezzo a cui chiunque voglia vendere banda larga “al minuto” è costretto ad acquistarla “all’ingrosso”, a parità di trattamento con il resto del mercato e dovendo tale onere alle casse di Telecom Italia a cui spetta la gestione della rete stessa. «La proposta dell’Agcom sulla quale saranno consultati gli operatori mira a garantire che sia a disposizione degli utenti e delle imprese concorrenti un’infrastruttura a larga banda di qualità, con un miglioramento della manutenzione e della fornitura dei servizi».
L’AGCOM nella propria comunicazione fissa un aumento delle tariffe, ma anticipando le contestazioni in arrivo da parte di quanti si troveranno un maggior onere in carico, impone a Telecom anche una serie di condizioni da assolvere.
Per quanto riguarda i prezzi, «i valori proposti per il canone di unbundling sono di 8,70 euro/mese dal 1 maggio 2010, 9,26 euro/mese dal 1 gennaio 2011 e 9,67 euro/mese dal 1 gennaio 2012». Tali valori sono frutto di una valutazione precisata nel dettaglio: «I valori delle nuove tariffe sono stati ottenuti grazie alla definizione di un modello di rete efficiente di tipo economico-ingegneristico (c.d. bottom up long run incremental cost), come previsto dalla delibera 731/09/CONS e richiesto dalla Commissione europea. Il ricorso a questo modello allinea l’Italia alle best practices vigenti nella gran parte dei paesi europei».
Le due condizioni a cui Telecom Italia sarebbe assoggettata a motivazione del sostanzioso aumento delle tariffe sono le seguenti:
- «il miglioramento della qualità della rete in rame di Telecom Italia, attraverso maggiori investimenti da parte dell’azienda nella manutenzione della rete stessa ed una riduzione dei tempi per la fornitura del servizio e la riparazione dei guasti»;
- «un ammodernamento della rete di accesso nell’ottica delle reti di nuova generazione (NGN), in modo da consentire al nostro Paese di recuperare il gap rispetto ai principali concorrenti europei».
Le tariffe di unbundling, insomma, portano in Telecom Italia il denaro che quest’ultima dovrebbe quindi utilizzare per finanziare le opere ingegneristiche necessarie per la messa a punto di una rete di nuova generazione in grado di far fare il grande salto alla banda larga italiana. Telecom, da parte sua, nei giorni scorsi ha comunicato i propri investimenti in questa direzione, ma le cifre non sono state dettagliate al punto da rendere chiara la politica che si intende intraprendere in tal senso (poco più di 2 miliardi effettivamente messi a bilancio per il prossimo triennio). L’AGCOM con la propria comunicazione aumenta prezzi e pressioni: «La necessità di una rete di accesso che contenga i servizi a larga banda per i cittadini è un’esigenza primaria per il Paese ed in questa prospettiva si inquadra la decisione odierna dell’Autorità di aprire la consultazione con un modello di rete efficiente. Agli esiti della consultazione nazionale, che durerà 30 giorni, lo schema di provvedimento verrà notificato alla Commissione europea e successivamente sarà approvato in via definitiva dall’Autorità». Il bastone e la carota, insomma. Per ora, ancora una volta, più carota che bastone.