Niente documenti, ma un incontro di persona. Angelo Cardani, presidente dell’Autorità garante per le Comunicazioni, ha risposto alla richiesta della parlamentare cinquestelle Mirella Liuzzi, che tempo fa aveva fatto richiesta ufficiale di accesso agli atti per leggere l’unica parte ignota di tutto il processo che ha portato all’approvazione del regolamento sul copyright: i pareri dei giuristi. Il 5 marzo presso la sede dell’authority, la deputata incontrerà Cardani, ma questo non cambierà granché le cose. Le posizioni di tutti sono ormai chiare.
Era il 17 luglio del 2013 quando Cardani anticipò la bozza di regolamento che di lì a sette giorni venne poi pubblicata per i due mesi di consultazione, fino alla sua definitiva approvazione il 12 dicembre. In quella occasione, ricorda la Liuzzi in un post sul suo blog, il presidente accennò a giornate di studio con giuristi e professionisti, a «pareri orali e informali e riflessioni di carattere personale che ci hanno confortato ad andare avanti». Quei pareri sono sempre stati circondati da un velo di mistero – un po’ come accaduto col parere di Bruxelles, protagonista di un acceso scontro tra i fautori del ricorso al regolamento e l’Agcom stessa – così la deputata ha mandato una lettera in via Isonzo chiedendo di poterne disporre.
Risposta AGCOM alla richiesta di accesso agli atti per conoscere i pareri degli esperti pro regolamento #copyright http://t.co/LQctanJtjg
— Mirella Liuzzi (@mirellaliuzzi) February 28, 2014
La risposta dell’authority (pdf) è però stata tanto cortese quanto ferma: non si può. Il motivo è semplice: questi pareri non fanno parte del fascicolo relativo al regolamento sul diritto d’autore.
Tali contributi non costituiscono atti amministrativi e non sono neppure richiamati nelle premesse della Delibera di adozione del provvedimento.
La trasparenza e l’invito
L’Agcom tiene però a precisare che il fascicolo istruttorio è consultabile presso la sede e che i pareri tecnici, sempre per trasparenza, si sarebbero potuti chiedere soltanto all’Avvocatura di Stato o al Consiglio di Stato. Voci di corridoio, peraltro, dicono che di questa decina di pareri tre fossero negativi. Con ogni evidenza l’authority non ha interesse a rinfocolare vecchi dibattiti ora che è ad un passo dal traguardo.
La Liuzzi conclude il suo post accettando l’invito:
Mercoledì 5 marzo il presidente Cardani mi ha invitato nella sede di AGCOM per parlare del regolamento, ma anche delle problematiche che sono emerse nell’ultima audizione. Sarà la sede per un sereno confronto con l’Autorità su una tematica che ci sta particolarmente a cuore e sulla quale abbiamo il diritto di vederci chiaro.
Alla domanda di Webnews su cosa si attende dall’incontro, si capisce che si tratta più che altro di cortesia:
Qualcuno potrebbe considerare irrituale questo incontro, ma non è così: in questi mesi noi della commissione Trasporti abbiamo incontrato sia in Parlamento che fuori moltissime persone, molti dirigenti di enti pubblici e privati. È chiaro che le nostre posizioni sul regolamento sono già state più volte spiegate, così come quelle dell’Agcom. Prendiamo atto che non vogliono rendere pubblici questi pareri tecnici.
Riguardo alla possibilità che il regolamento possa trovare altri ostacoli sula sua strada, la Liuzzi è piuttosto realista:
Onestamente, questo governo non ci dà certo poco da fare, non mancano gli atti da contrastare. Sul regolamento Agcom credo invece ci sia poco altro da fare. Continuerò ad interessarmente, ovviamente.
Il cammino verso l’entrata in vigore
Intanto, l’Agcom prosegue sotto traccia il suo cammino verso l’entrata in vigore del discusso regolamento. Percorso che vede continuare anche incontri informali con grandi nomi delle telecomunicazioni e del web, come la stessa Wind – che ha rinunciato al ricorso – molte altre telco, la stessa Google. Settimane cruciali che servono a garantire la massima adesione possibile del settore, da contrapporre alla battaglia legale data per scontata cogli ISP (particolarmente coinvolti dal regolamento antipirateria), coi consumatori, con alcune associazioni, di cui già si conoscono i ricorsi al TAR.
Il modello di inibizione che uscirà dall’applicazione del regolamento somiglierà al sistema dei monopoli di Stato, e non piace per niente a coloro che lo contrastano. La battaglia si farà proprio su questo: con questo modello quanti uploader saranno avvisati e quanti ISP saranno chiamati a collaborare inibendo il sito senza contattarli?