«Per centrare l’obiettivo della Digital Agenda sono necessari accordi, coordinati a livello nazionale, tra operatori di telecomunicazioni, Amministrazioni territoriali, altri eventuali imprenditori, finalizzati alla progressiva conversione alla fibra di determinate aree territoriali. Ciò darebbe al progetto prospettive di redditività con il carattere di certezza tipico delle utilities e aprirebbe potenzialmente la porta al finanziamento di investitori istituzionali, quale, in primis, la Cassa depositi e prestiti».
L’industria vuole denaro per favorire gli investimenti? Prima, allora, si impegni in prima linea. Sulla NGN l’autorità garante vuol vederci chiaro e pretende che tutti mettano le loro carte sul tavolo: «L’impressione è che le pur apprezzabili idee progettuali proposte offrano una visione di quello che si può fare, ma non ancora di quello che concretamente ci si impegna a fare». Ma in assenza di impegni precisi da parte di chi dovrebbe giovarsi delle nuove opportunità nascenti, anche l’AGCOM non intende giocare la propria parte.
L’AGCOM, insomma, sembra avere le idee sufficientemente chiare sul fronte New Generation Network: se non si farà sistema, non si riuscirà ad uscire dall’impasse che sta fermando il paese di fronte all’impossibilità di portare su un fronte comune i grandi gruppi interessati agli investimenti ed al mercato della banda larga. L’AGCOM, nella propria presentazione alla Camera dei Deputati ed in virtù del proprio ruolo di arbitro, non si esprime nello specifico ma confida nella riuscita del tavolo tecnico convocato dal vice ministro Romani. L’invito è chiaro, insomma: Telecom Italia compia un passo nella direzione di “2010 Fibra per l’Italia“ (Fastweb, Wind, Vodafone, Tiscali) e le parti trovino un piano comune che sappia soddisfare i mutui interessi e l’interesse nazionale.
«L’Italia non cresce da 15 anni. La crescita dei Paesi è legata a fattori strutturanti fondamentali. La rivoluzione della larga banda, dell’alta velocità trasmissiva, è comparabile con le grandi rivoluzioni industriali del secolo scorso. Certo è tempo di risparmi. Ma l’investimento in fibra ottica è visto negli USA e altrove anche come una exit strategy». Investire in banda larga, insomma, è oggi la più importante delle condizioni affinchè si reinstauri il ciclo virtuoso in grado di trainare l’economia fuori dalla crisi. Investire in una nuova rete significa aumentare le occasioni di mercato e ridurre i costi. Significa fare una scelta di campo importante, molto probabilmente determinante: «Rinunciare a un tale progetto non comporta dunque solo la rinuncia del nostro Paese a svolgere un futuro da protagonista nell’innovazione, ma anche una sua minore capacità di reazione alla crisi economica contingente, realizzando dei risparmi. Il tessuto socio-economico dell’Italia (reti di piccole e medie imprese, prodotti ad alto valore aggiunto, concentrazione per distretti industriali, turismo e servizi) beneficerebbe della larga banda più di altri Paesi europei».
L’AGCOM non può fare, ad oggi, che promesse. Se le parti converranno sulla necessità di investire sul broadband, quindi, l’authority spergiura regole che:
- «riconoscano, con fini incentivanti, un premio di rischio per il capitale investito»;
- «favoriscano gli investimenti condivisi»;
- «garantiscano la neutralità tecnologica e la parità di condizioni nell’utilizzazione delle infrastrutture comuni».
La liberalizzazione delle frequenze sarà il primo passo ma, visti i lontani obiettivi a capo dell’ipotesi di una nuova rete, l’AGCOM promette inoltre di devolvere il ricavato dall’asta per le licenze sullo spettro liberato all’impegno verso la riduzione del digital divide.
«Le autostrade delle nuove comunicazioni sono il fertilizzante principale di quell’economia della conoscenza che si attesta come nuovo paradigma di modello capitalistico partecipato. Ma senza lo stock di capitale infrastrutturale fisico nelle reti di nuova generazione i nuovi investimenti renderanno sempre meno, accrescendo il divario con i Paesi a maggiore velocità»: di qui nasce l’urgenza di un impegno chiaro ed immediato, poichè i tempi di realizzazione dell’infrastruttura sono lunghi ed il paese non può permettersi di attendere ulteriormente.