Si è tenuta il 15 Luglio la relazione annuale dell’AGCOM presieduta dal presidente Corrado Calabrò, in cui come tema caldo si è parlato delle infrastrutture di terza generazione, di banda larga e di telefonia, oltre che di pubblicità, di media in generale e di molto altro ancora.
Il nodo centrale intorno al quale girano tutti i problemi della banda larga nostrana sembrano essere le insufficienti infrastrutture di rete. Questo va a incidere non solo sulla quantità di connessioni (problema del digital divide), ma anche della qualità. Attualmente le ADSL italiane sono ampiamente sotto la media europea in fatto di qualità e di offerta.
Ma leggiamo assieme alcuni passi della relazione di Corrado Calabrò.
In Italia il numero di utenti broadband ha raggiunto e superato i 10 milioni, con un tasso di crescita del 20% nell’ultimo anno. Il tasso di penetrazione della larga banda rimane però appena del 17,8%, mentre in Europa è mediamente del 23,3%.
L’Italia è in ritardo non solo in termini di diffusione (ultima nel G7) ma anche di qualità delle connessioni broadband, essendo caratterizzata da velocità di connessione più basse che altrove: da noi solo il 27% degli utenti dichiara di avere connessioni con capacità di banda superiore ai 4 Mbps, mentre negli Stati Uniti siamo al 41%, in Germania e nel Regno Unito si arriva al 46%, in Francia al 54% e in Giappone addirittura all’86%.
L’architettura della rete fissa e di quella mobile non è stata progettata per il nuovo traffico.
Tale scenario pone con forza la questione della creazione di nuove reti trasmissive a larga banda. Lo sviluppo del settore non può che passare attraverso la realizzazione di tali infrastrutture.
Stime di analisti indicano che nel 2011 servirà una capacità di banda di almeno 50 Mbps, rispetto agli attuali 3-8 Mbps; si tratta di un futuro prossimo se si tiene conto del tempo occorrente per la realizzazione delle infrastrutture. Queste alte e altissime velocità presuppongono la cablatura in
fibra ottica.Quel che si può affermare con certezza è che le reti di nuova generazione non solo sono decisive per il settore delle comunicazioni elettroniche (telecomunicazioni e audiovisivo, nell’epoca della convergenza) ma hanno un effetto strategico e traente per l’intero sistema economico nazionale.
Il dibattito non è quindi sul “se”, ma sul “come” e sul “quando” realizzarle.
Se si tiene conto dell’imponenza dell’investimento (in Italia per la realizzazione di una rete in fibra ottica occorrono dagli 8 ai 15 miliardi) e della sua bassa redditività a breve termine, le tradizionali regolamentazioni proattive possono apparire non sufficientemente incentivanti.
La relazione dunque (potete leggerla per intero sul sito dell’AGCOM), propone un’analisi molto lucida dell’attuale stato delle reti italiane e con molta decisione evidenzia che il lavoro da fare per modernare le nostre infrastrutture sia davvero imponente.
Servono regole certe, investimenti ed incentivi per avviare il processo di ristrutturazione. E il tempo stringe, gli altri Stati Europei sono già avanti, molto avanti e noi rischiamo per l’ennesima volta di perdere un’occasione irripetibile.