L’Agcom punta l’accento sull’innovazione tecnologica e lo fa chiedendo a gran voce investimenti e sinergie agli imprenditori del settore, al fine di ampliare l’impiego della fibra ottica, un fattore importantissimo per la crescita dell’intero sistema dell’economia nazionale.
Un problema di infrastrutture, quindi, che l’Agcom vuole risolvere: compito non certo facile vista la necessità di investimenti altissimi per colmare il gap del settore rispetto a molte altre nazioni.
Ma la pubblicazione del bilancio annuale dell’Agcom è stata anche l’occasione per rendere note alcune notizie riguardo il mercato televisivo nazionale. Proprio in questo senso è arrivata la novità più “clamorosa” (ma non tantissimo a dir la verità) secondo cui Sky ha sorpassato Mediaset a livello di fatturato.
Una notizia che non può non destare clamore perché ciò significa un vero e proprio rimpasto del mercato televisivo italiano, finora rettosi sul cosiddetto “duopolio” Rai-Mediaset, un sistema che durava da quasi trent’anni e i cui equilibri sembravano essere immutabili.
Le cifre parlano di 2.723 milioni di euro di ricavi per la Rai, del secondo posto ottenuto da Sky Italia, con 2.640 milioni di euro, e della “discesa” al terzo posto di Mediaset, con 2.531 milioni.
Un sorpasso tra le due aziende private più importanti che testimonia, semmai ce ne fosse bisogno, come Sky si sia svincolata da quel ruolo attribuitole di “TV di nicchia”, fino a diventare un competitor validissimo e aperto al grande pubblico degli inserzionisti, capace non solo di avvicinare nei numeri i due ex-duopolisti ma anche di sorpassarne uno e di seguire da vicino l’altro.
Che il duopolio, in realtà, non potesse essere durare in eterno era chiaro a chiunque avesse un minimo di conoscenza delle dinamiche del settore TV. L’avvento del digitale, e di nuove piattaforme connesse, ha non solo modificato le modalità e la quantità dell’offerta, ma anche i gusti e la percezione del pubblico del mezzo televisivo.
Gli spettatori di oggi non sono più quelli che si “accontentavano” dei 6 o 7 canali nazionali analogici: sono un pubblico evoluto e competente, che conosce Internet e la sua sterminata offerta, conosce le nuove tecnologie che hanno portato la multicanalità come il satellite prima e il DTT dopo e conosce le nuove possibilità offerte dall’IPTV, come ad esempio l’on-demand.
In una situazione così complessa e in precario equilibrio, viene a crollare ogni certezza precostituita, le “vecchie” aziende televisive dovranno cambiare molto per rimanere competitive. Nel settore le parole d’ordine saranno convergenza, multipiattaforma, multicanalità e flessibilità: i vari broadcaster riusciranno a farle proprie?