«Malgrado il dilagante successo di Internet, l’Italia è tuttora un paese teledipendente»: con queste parole Corrado Calabrò chiude con una velata delusione il proprio mandato, fotografando uno scenario generale in grande mutamento pur nel contesto di un immobilismo italiano che rischia di far danni consistenti per gli anni a venire. La TV non solo si impone ancora in termini numerici, ma anche in termini di formazione della pubblica opinione: l’influenza dello schermo televisivo rimane alta, ma la Rete è una nuova realtà ed il tutto dovrà essere metabolizzato con nuove norme, nuova consapevolezza e nuove modalità di analisi del quadro generale delle comunicazioni.
L’Italia della tv è anche l’Italia del digital divide, l’Italia nella quale manca la consapevolezza di quanto la Rete possa giovare all’economia ed agli equilibri del paese. Il Web, spesso dipinto dai media più come elemento destabilizzante che non come reale opportunità, ne esce così svilito. Ed il paese ne paga pegno pesantemente:
L’Italia è sotto la media UE per diffusione della banda larga fissa, per numero di famiglie connesse a internet e a internet veloce, per gli acquisti e per il commercio on line (nell’UK anche le case si vendono e si acquistano in rete). Per le esportazioni mediante l’ICT l’Italia è fanalino di coda in Europa; solo il 4% delle PMI – ovvero la spina dorsale del nostro tessuto produttivo – vendono on-line, mentre la media UE-27 è del 12%».
L’analisi di Calabrò è focalizzata in gran parte sulla banda larga: una opportunità, una necessità. Il futuro vedrà un consumo di traffico crescente e la fibra è vista come una scelta ineluttabile a cui far fronte. Il rischio è quello di veder la rete collassare sotto il peso della domanda di byte, il tutto mentre il paese perde tempo (per motivi vari) nell’innovare le infrastrutture esistenti. L’Agenda Digitale dovrà dare una risposta immediata a tali sollecitazioni, poiché «L’economia internet in Italia vale solo il 2% del PIL», mentre nel Regno Unito il peso specifico dell’economia digitale è ormai pari al 7,2%.
Il ritardo nello sviluppo della banda larga costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del PIL. Senza infrastrutture a banda ultra larga i sistemi economici avanzati finiscono su binari morti.
Ed un cenno obbligato va all’eterno incompiuto: il regolamento per il copyright, un lavoro a cui l’AGCOM ha dedicato molto tempo e molte risorse pur senza riuscire a portarlo a compimento:
Internet ha un’insostituibile funzione informativa; nessuno più di noi ne è consapevole. Ma nessun diritto è senza limiti. Il diritto alla libertà di navigazione marittima non ha comportato il diritto alla pirateria. L’intesa era però che il Governo avrebbe adottato una norma di interpretazione autentica che rendesse leggibili per tutti le norme primarie che inquadrano la nostra competenza. È vero che una tale norma non è indispensabile, ma sarebbe certamente utile in una materia, qual è quella in questione, nella quale, per la sua sensibilità, è auspicabile la massima chiarezza. Finché il Governo non adotterà questa norma, noi – almeno in questa Consiliatura – non ci sentiremo tenuti alla deliberazione del regolamento, pur così equilibrato, che abbiamo predisposto e messo a punto con ampia consultazione».
Secca ed immediata la risposta di Enzo Mazza, Presidente FIMI, dal quale giunge tutta la delusione che Confindustria nutre per il mandato conclusosi:
Il Presidente Calabrò oggi ha di fatto sancito la resa dell’Autorità, consegnando virtualmente la maglia dell’Agcom agli ultras della pirateria. Bene ha fatto l’amministrazione Obama a mantenere l’Italia nella lista nera dei Paesi con scarsa tutela dei diritti di proprietà intellettuale a causa della mancata adozione del regolamento Agcom, ampiamente promesso anche dal Presidente dell’Autorità in più occasioni. Situazione resa ancora più paradossale dal fatto che la Spagna é invece uscita dalla lista nera con l’adozione di una nuova norma antipirateria.
Più volte in passato si è scherzato su Calabrò e su un cognome che sembrava proiettare inevitabilmente il ruolo AGCOM al passato, vincolandone l’operato ad un immobilismo difficile da tollerare. A fine mandato il Garante ha espresso soddisfazione per il proprio operato, ha augurato (non senza un pizzico di amara ironia) miglior sorte a chi ne prenderà il posto, ma ha altresì raccolto strali da più parti. Il problema della banda larga rimane il medesimo, il copyright rimane un problema pendente, la pirateria rimane una ferita aperta: il verbo al passato va in archivio ed il discorso di sposta ora sulle nomine: l’AGCOM del futuro deve ancora nascere, ma il commiato dell’Authority antecedente lascia trapelare un quadro della situazione nel quale lavorare appare oggettivamente complesso a causa dei ritardi e delle rendite di posizione accumulate nel tempo in troppi ambiti.