«Proposta non vincolante di Linee guida per la disciplina della transizione verso le reti NGN»: l’AGCOM etichetta il documento, trapelato (pdf) grazie alla pubblicazione di Daniele Lepido sul Sole 24 Ore, come “Draft 1.1” del rapporto firmato Comitato NGN Italia e destinato a mettere nero su bianco le procedure che porteranno il nostro paese verso la fondamentale tappa della New Generation Network.
Il documento divide anzitutto in due parti il processo di avvicinamento alla rete che avrà la responsabilità di portare la banda larga ai cittadini italiani. La prima fase, detta “Overlay“, prevede la «convivenza tra la rete tradizionale in rame, che mantiene piena operatività, e i prodromi della rete ottica»; la seconda fase, battezzata “Total replacement“, «mira a conseguire progressivamente la completa sostituzione della rete tradizionale con la nuova rete NGA in fibra ottica e che potrà attivarsi indipendentemente centrale per centrale».
L’Italia sarà allo scopo divisa in tre cluster:
- Aree ad alta profittabilità
«Raccoglie le aree in cui si sviluppa, in ottica prospettica, la concorrenza infrastrutturale e ove si prevedono tipicamente più reti NGA […] In tali aree geografiche, nelle quali prevale la logica del mercato, non sono leciti aiuti di Stato sotto alcuna forma per non distorcere la concorrenza» - Aree a media profittabilità
«Raccoglie le aree in cui la forza del mercato non è sufficiente a generare in modo spontaneo la concorrenza infrastrutturale. In tali aree può essere sviluppata una sola rete in virtù della quale si produce la concorrenza sui servizi» - Aree a bassa profittabilità
«Raccoglie le aree geografiche dove i privati non hanno interesse ad investire e, quindi, la rete non viene realizzata sulla base di logiche economiche ma ha finalità sociali. In queste, che sono le aree geografiche del Paese soggette a divario digitale, non si sviluppa alcuna rete, né spontaneamente né con agevolazioni. Pertanto, la rete può soltanto essere realizzata con finanziamenti parziali (o eccezionalmente totali) dell’Unione europea, dello Stato o di un ente pubblico locale»
Il primo cluster comprende le aree metropolitane, ove maggiore è la densità della popolazione e più alta la redditività di ritorno dagli investimenti profusi. Il terzo cluster è invece identificabile nell’Italia di provincia, quel territorio che ad oggi ancora non è raggiunto da DSL (il 7,5% della popolazione) o è abilitato soltanto alla ADSL Light di Telecom Italia (5%): «Si tratta di 7,5 milioni di abitanti e di poco più di 3 milioni di abitazioni. Le specifiche aree soggette a divario digitale, che assommano ad un totale di circa il 12,5%, possono ritenersi essenzialmente note». Il primo cluster gode già di fibra o comunque di connessione ADSL diffusa; il secondo cluster sta attendendo il grande passo verso la banda ultra-larga, il terzo cluster è vittima di digital divide da anni e dipenderà in futuro dalla disponibilità di fondi e sovvenzioni (aspetto non del tutto semplice alla luce dell’andamento dell’economia e della scarsa propensione dei governi italiani avvicendatisi negli ultimi anni ad investire in innovazione).
Il documento prosegue con tutta una serie di indicazioni precise sui parametri di definizione dei vari cluster e sulle fasi di avvicinamento a quella che sarà la NGN. Il documento non indica però né tempi né modi, né tantomeno aziende interessate all’investimento. Il quadro concorrenziale però sembra ormai chiaro: Telecom Italia da una parte, Fibra per l’Italia dall’altra, e possibili investimenti congiunti ove la redditività non consente alle parti di far la voce grossa. Per l’Italia degli esclusi, invece, la speranza è appesa ai fondi comunitari e ad eventuali iniziative di stimolo che il prossimo Governo potrebbe/dovrebbe ipotizzare per dare il via alla “grande opera” più importante per l’intera nazione.