Dai nostri vicini di casa ci arriva una lezione di impegno (pubblico e privato) per lo sviluppo del settore IT e, soprattutto, dei professionisti necessari.
Pare che in Svizzera, infatti, le professioni informatiche investano una domanda che non riceve risposta sufficiente. E così, per far fronte al fabbisogno del mercato occupazionale del settore informatico, le imprese elvetiche devono fare “importazione” di personale straniero.
La situazione danneggia l’economia e perciò, sia la politica che le aziende, hanno deciso di collaborare per limitare i danni, inaugurando un piano di iniziative, che si chiama “Informatica 08“, volto a rilanciare l’immagine delle professionalità IT.
La battaglia è anche di tipo culturale poiché lo stereotipo diffuso in Svizzera del “professionista informatico” è quello di un mestiere rischioso: la storia del fallimento di molte imprese legate alla new economy, nei primi anni Duemila, ha insegnato prudenza, che a volte sconfina nell’eccessivo timore.
La chiave di volta, affinché possa ristabilirsi un miglioramento significativo del trend, appare essere, anche per gli svizzeri, nella formazione.
Secondo Mauro Prevostini, Università della Svizzera Italiana, c’è bisogno di sviluppare nei ragazzi la curiosità e l’entusiasmo per la scienza informatica, fin dall’età scolastica. Questo è il primo passo, indispensabile, per una rinascita dell’interesse dei giovani svizzeri per un settore fondamentale nell’economia nazionale.
Puntare sulla formazione, fin dalla scuola secondaria, è la soluzione efficace, nel lungo periodo, per creare professionalità valide e preparate, in grado di soddisfare le esigenze di un mercato in espansione.
Dal caso particolare all’applicabilità generale, ci pare di poter sostenere che l’investimento culturale nella formazione sia un imperativo anche per l’Italia.