Una relazione di Credit Suisse riguardo i costi di mantenimento di YouTube ha fatto discutere non poco negli Stati Uniti e non solo.
A molti le cifre riportate da Credit Suisse sono sembrate quantomeno esagerate, si parlava infatti in quel report di perdite per 470 milioni di dollari ogni anno per YouTube, soldi la cui quasi totalità sarebbe assorbita dagli enormi costi dovuti al mantenimento dell’infrastuttura necessaria a far funzionare il portale di videosharing.
Proprio queste cifre sono state “confutate” da un altro report, stavolta fornito da RampRate, una società che opera nel campo IT per conto delle aziende, che afferma che i costi totali sarebbero di 415 milioni di dollari, un numero molto inferiore ai 711 indicati da Credit Suisse.
Le differenze, di certo sostanziali tra le due valutazioni, starebbero in alcuni aspetti che gli svizzeri non hanno tenuto in considerazione, elementi ad esempio come il “peering“, utilizzato per il 73% della banda di YouTube, ovvero quella “porzione” di banda i cui costi d’affitto sono estremamente ridotti (se non nulli) rispetto alla banda pagata a “prezzo pieno”.
Da tenere poi in considerazione le trattative (non contemplate nel report di Credit Suisse) che portano ad una riduzione del prezzo pagato da Google per la banda richiesta, così come non sembrano del tutto corrette le valutazioni fatte riguardo i costi dello storage del materiale immagazzinato sui server. Costi che tra l’altro sono ulteriormente abbassati dall’uso di “server farm” in paesi diversi dagli USA, tanto che alcune di queste sono situate perfino in Finlandia.
Allora in molti si chiedono come mai tutta questa discrepanza tra i due report e soprattutto ci si chiede se a Google non convenga far credere, appositamente, che YouTube è un servizio in “perdita”.
Difficile dire quali possano essere le strategie economiche dietro queste posizioni, di certo si sa solo che il traffico generato da YouTube, ancora lungi dall’essere monetizzato come si deve con le inserzioni pubblicitarie sul portale, ha comunque portato molti utenti nelle pagine delle ricerche di Google, il che, per una società che fa del mercato delle ricerche online il proprio business, è un vantaggio notevolissimo.